A primavera, al rientro dalla gita scolastica, mio figlio minore aveva chiaramente manifestato la sua volontà di non partecipare mai più a nessun campo, di nessun genere, per nessun motivo.
Abituata alle sue affermazioni tanto perentorie quanto transitorie, l’ho lasciato dire e girandogli intorno, nei giorni successivi ho indagato sull’origine del suo disagio.
Pare che la nostalgia sia inammissibile e quindi il problema non esiste, mentre invece la grande difficoltà sia stata trovare le proprie cose e la grande vergogna sia essere uno che perde tutto.
Ora, io non sono una fanatica dell’astrologia, ma un giorno un’amica esperta mi ha informata che secondo gli astri sono l’unica della famiglia a avere dei pianeti a terra, mentre gli altri quattro componenti sono tutti parecchio per aria…
Ecco diciamo che ho trovato la metafora calzante, astrologica o meno, e un pochino me ne sono fatta una ragione, un po’ ho pensato che in un’altra vita forse mi converrà calcolare meglio i tempi di gestazione. Ma, forte delle spiegazioni astrologiche o almeno abituata a sentirmi dire da insegnanti, educatori, capi scout, che i miei figli hanno la testa nelle nuvole, che si distraggono, che per non fargli perdere le cose bisogna attaccargliele con lo scotch, ho messo insieme una serie di strategie, che arrivata al terzo figlio sto pensando di brevettare.
Quindi davanti allo sconforto del mio piccolo ho rapidamente sdrammatizzato dicendogli che a meno che non fosse sceso dal pullman in mutande, era difficile che fosse riuscito a perdere più cose dei suoi fratelli.
Di lì per riconfortarlo ho cominciato a fare un elenco di calzettoni, posate, gavette che avevo dovuto ricomperare dopo i primi campi scout dei grandi.
Il fratello maggiore ha colto lo spirito motivante del discorso e ha aggiunto all’elenco le varie pile tascabili, da testa, ricaricabili e non, e raccontato episodi in cui lui ha dimenticato le scarpe che avrebbe dovuto avere ai piedi. La sera la nonna in video ha allungato la lista con le innumerevoli borracce e tappi che lei aveva nel tempo ricomperato e sul fronte motivazione ci sentivamo piuttosto avanti.
Poi però sono entrata in azione con il vero metodo Faccio Quello Che Posso, quello che penso prossimamente di brevettare, ovvero: organizzazione dello zaino.
I lupi partono per una settimana e considerato che la divisione dello zaino in sacco biancheria e sacco pantaloni e magliette, alla gita scolastica non aveva funzionato, stavolta abbiamo approntato un
Kit FQCP per partenze senza mamma,
occorrente per una settimana:
n° 8 sacchette di stoffa
n.° 1 rotolo scotch di carta
n.° pennarello indelebile
n.° 1 matita
n.° 1 foglio di carta
n.° 1 busta di plastica trasparente.
Su ogni sacchetta abbiamo appiccicato un pezzo di scotch di carta su cui col pennarello indelebile abbiamo scritto numero della sacchetta e giorno di utilizzo. Sul foglio di carta, insieme, abbiamo disegnato le sacchette di stoffa e man mano che le riempivamo, abbiamo scritto il contenuto. Ogni giorno maglietta, mutande, calze. A metà settimana pantaloni di ricambio. Nella sacchetta jolly il pigiama, lo spazzolino, asciugamano e costume da bagno. Sfusi nello zaino solo sacco a pelo, scarpe, pila e borraccia. Su ogni maglietta abbiamo scritto il nome e abbiamo previsto che se tutto andava per il meglio, la domenica quando sarei andata a riprenderlo, lui avrebbe avuto addosso la maglietta del girotonno che aveva portato la nonna da Carloforte. Abbiamo infilato la nostra mappa del tesoro nella busta trasparente e poi nella tasca dello zaino, così serviva anche da check list al momento di rifare la valigia, e poi siamo partiti per un mese di mare.
Man mano che si avvicinava la partenza, il lupo tentava timidamente – il che non è da lui – di fare qualche passo indietro.
– mamma, io non so se me la sento di andare al campo scout…
– ah, come mai?
– mah…io non sono il tipo giusto, non sono un tipo organizzato.
– ma tesoro, prima di tutto si va ai campi per imparare a organizzarsi, quando si è imparato si può anche evitare di andarci. Poi devi stare tranquillo, stavolta abbiamo fatto la caccia al tesoro delle sacchette e se sbagli qualcosa tanto sai che all’arrivo c’è girotonno. E comunque non si parla di queste cose alle dieci di sera dopo una giornata di mare, diamoci un appuntamento di mattina e se sei ancora preoccupato vediamo cosa fare.
– mpf, ok, buonanotte.
La preoccupazione a lui di mattina non è mai venuta, ma io sotto sotto fino alla partenza sarei stata pronta a cedere. In fondo qui in Svizzera i lupi cominciano un anno prima, quindi lui si è ritrovato a partire un anno più piccolo dei suoi fratelli, in un’altra lingua e da solo quando loro erano sempre in due. Ho resistito solo perché pensavo che per lui sarebbe stata una sconfitta.
Quando siamo arrivati alla stazione, ha cominciato a prendersi a zainate con i suoi compagni e a chiacchierare senza problemi, dopo un mese che parlava solo italiano, e ogni dubbio è stato fugato.
Domenica scorsa siamo andati a riprenderlo in un bellissimo chalet nello Jura. All’arrivo ho salutato i capi:
– buongiorno, com’è andata? Tutto bene?
– sì, sì, tutto bene, ha solo un po’ la testa tra le nuvole (si va bene, altra lingua stessa storia, questa la so già, ne ho tre così), fa un po’ fatica a trovare le sue cose…comunque lei ha fatto benissimo a fargli i sacchetti per ogni giorno, ottima idea!
Ovvero FQCP ha avuto un buon voto in organizzazione da parte degli scout svizzeri!!