13. Il bambino blu

FQCP-logo-sitoEd è arrivato ancora novembre, e con novembre il suo bambino tanto atteso.

Ma dato che la vita non sceglie quasi mai la via più liscia, il suo bambino ha il cordone stretto, per ben due volte intorno al collo.
E lei scopre che anche quando tutto va bene, i medici, spesso maschi, tendono ad avere il cesareo facile.
Finché nel cuore della notte non compare, ululando, la sua salvatrice.
La dottoressa K.
Che dà a tutti dei vigliacchi, per non aver neanche tentato e per non aver chiesto il parere della paziente.
(credo che l’espressione usata fosse senza palle, ma era parecchi corridoi più in là e io ero attaccata a un monitor dietro molte porte chiuse, si sentiva l’essenziale, sfuggivano i dettagli)

Poi avvolta in un’aura di luce è entrata in sala parto dicendo:

io adesso questo bambino lo faccio nascere, se tu mi aiuti è meglio, ma io lo faccio nascere lo stesso!

E così ha fatto andandoselo a prendere per i capelli. Lei ricorda solo un’infermiera che dice: Si vede che fa la ballerina! Poi la sensazione di una lavatrice nella pancia.

E la ragazza piena di sogni, che ormai ragazza non era più, mentre stringeva il suo bambino blu con il segno viola sul collo, ha visto la morte lasciare la stanza.

Ancora una volta le era passata vicina, ma questa volta se ne era andata a mani vuote, perché accanto a lei, lancia in resta, c’era la dottoressa K, che non fugge la battaglia.

Così l’ex ragazza ha capito che le madri non vanno lasciate sole, che i papà spesso si perdono, che la morte le camminava sempre accanto, ma che lei poteva batterla, se stava in guardia.

E per lei stare in guardia voleva dire studiare, leggere, documentarsi, scrivere nei suoi quaderni colorati e immaginarsi un mondo in cui le madri non sono sole. Ma si aiutano l’un l’altra.
E i padri hanno voglia di esserci e ci provano, anche se da piccoli non hanno cambiato il pannolino al Cicciobello.

E allora non sarà proprio la Rainbow Warrior, ma lei dal suo blog un po’ di vento nei capelli, che ormai stanno diventando bianchi, lo sente lo stesso.

E tutta questa strada fatta, quello che ha imparato sconfiggendo la morte e venendo a patti con la paura, vorrebbe non servisse solo a lei.

Per questo ha raccolto tutto in un piccolo libro e lo ha anche illustrato, perché disegnare è una delle cose che l’ha salvata.
Sono le sue parole, ordinate come in un dizionario, ma son solo l’inizio, perché le piacerebbe che si unissero a tante altre, di molti genitori che scrivono insieme il loro vocabolario.

e questa è la fine della storia, ma anche un gran bel nuovo inizio….

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