Da noi la vita è quello che accidentalmente succede tra una partita di calcio e l’altra.
E questa prospettiva mesi fa ci aveva causato non poche sofferenze col calcio.
Quattro amici di mio figlio erano stati avanzati di squadra, e lui, unico, era rimasto indietro senza troppe spiegazioni, e con molte lacrime.
Io avevo cercato di capire, chiedendo un appuntamento al presidente per avere delle motivazioni da contrapporre alle lacrime. Ma in cambio avevo ricevuto una sgradevolissima telefonata urlante da un buzzurro aggressivo che aveva evidentemente sbagliato, ma non poteva dirlo.
Per amore del mio bambino avevo trattenuto la voglia di cavare gli occhi del presidente a mani nude.
E avevo alla svelta approntato una strategia pedagogica che diceva più o meno così:
il calcio non sono gli scout, qui nessuno si preoccupa che tu sia contento o meno. Ma se tu davvero ci tieni a giocare al punto da non importarti se l’allenatore è simpatico o no, allora va bene.
Vorrà dire che sarai il forte tra i piccoli per quest’anno e poi si vedrà.
Intanto tu avrai messo il bene della squadra prima del tuo e questo ti fa onore.
E comunque, chi la dura, la vince!
Così per tutta la prima parte del campionato abbiamo stoicamente giocato in F1, salutato i nostri amici che giocavano nel campo accanto, e raccolta la solidarietà del villaggio per l’ingiusto trattamento.
Nel frattempo il campo sportivo viene completamente demolito per far posto al meraviglioso centro da 11 milioni di franchi che ci porrà al centro della scena calcistica internazionale.
Intanto a scuola la maestra L. lavorava sulle descrizioni di personaggi, reali, letterari, e di fantasia.
Alla richiesta di redigere un testo che descrivesse sè stesso fra dieci anni, il mio giovane uniprospettico ha scritto:
Fra dieci anni io giocherò nel F. C. Barcellona e abiterò con mio fratello in una villa nel villaggio.
Ad una rapida analisi saltano agli occhi:
Una incoraggiante autostima per quanto riguarda le doti calcistiche: a diciott’anni giocherà in uno dei primi club del mondo.
Grandi progressi per quanto riguarda il suo radicamento: abiterà ancora qui nel villaggio di quattro anime dove l’abbiamo trasferito.
Consapevolezza sull’inevitabilità della crescita con la rassicurante scomparsa della mamma dalla scena.
Una grande fiducia nell’evolversi dei rapporti umani: rimane il fratello con cui attualmente litiga quotidianamente.
Uno sconfinato ottimismo nelle sue possibilità finanziarie: di ville nel villaggio ce ne sono due, una è in affitto a 12.ooo CHF al mese, l’altra in vendita a 17 milioni di CHF.
A ora di pranzo, mentre commentavamo il testo, e il fratello con prospettive più modeste, apprezzava molto la prospettiva di poter passare la vita a far modellini mantenuto da un calciatore, suona il telefono. Vista l’ora io do per scontato che siano il babbo o la nonna, e rispondo in italiano.
–Pronto?
– Oui, bonjour Madame, c’est le president du Football Club.
Capisco prontamente che non si tratta ancora del Barcellona, ma resto stupita dalla voce completamente diversa dall’ultima volta in cui mi ha berciato dietro.
Oggi è gentile, loquace e disponibile.
Si dilunga in molti dettagli per spiegarmi che in maniera del tutto imprevista altri due giocatori hanno lasciato l’équipe (sarà stata la sua simpatia?!), che sono un po’ in difficoltà con gli allenamenti, visto il cantiere, e che sarebbe molto contento personalmente, se nonostante quanto successo in passato, il mio atleta potesse avanzare di squadra a partire da domani.
Mi sento davvero la mamma di Messi, quindi con un po’ di sussiego rispondo:
– Attendez, je lui demande.
Più che Messi mi risponde Rovazzi che dopo il gesto della testa nel gomito comincia a ballare come la scimmia di Gabbani per tutto il soggiorno.
Quindi da domani ci aspetta una via crucis di allenamenti bisettimanali all’aperto, visto il cantiere saranno nel fango.
Più una teoria di sabati mattina oltre i confini del cantone, perché si giocano anche le regionali.
Bonne Chance!