La mia dieci giorni milanese è stata piena di cose belle, alcune in programma, altre invece che si son rivelate belle sorprese.
Martedì ero stata invitata a partecipare a un incontro con Alberto Pellai e Barbara Tamborini per parlare del loro bel libro L’età dello tsunami.
Il libro mi era piaciuto e nei confronti di Barbara e Alberto nutro un’ammirazione e una gratitudine senza confini.
Questo mi ha permesso di superare tutte le diffidenze che mi colgono quando vengo definita mamma blogger e accettare subito l’invito.
Io faccio fatica a riconoscermi in qualsiasi categoria, è un problema che ho da sempre e che più di una volta mi ha creato problemi.
Qualsiasi etichetta mi sta stretta, ma oramai so che è una stupidaggine, perché a furia di non riconoscersi in nessuna categoria si rischia di restare sole.
E sotto sotto, senso di inadeguatezza e snobberia sono due facce delle stessa medaglia.
Così mi sono messa in tasca tutti i miei mugugni e, forte del fatto che con me c’era anche Giuliana, ho inforcato due metropolitane e mi sono avviata lungo un percorso a ostacoli nella periferia milanese.
Mi aspettavo un auditorium serio, con Barbara e Alberto in cattedra e la platea piena di donne dal twitter facile, in mezzo alle quali io mi sarei sentita vetusta e fuori luogo.
Invece eravamo un agile gruppetto intorno a un tavolo bianco nella sala riunioni della redazione De Agostini, proprio quella mitica di cui mio nonno ogni anno comperava l’atlante.
A capotavola gli autori e la loro ragguardevole produzione letteraria, accanto la direttrice editoriale che tutti vorremmo avere, e un attivissimo ufficio stampa.
I saluti calorosi e poco formali, e il tipico silenzio imbarazzato all’inzio delle domande.
Ho rotto il ghiaccio, e mi sono tirata la zappa sui piedi.
Ho fatto la domanda che mi incuriosisce sempre.
Quella sulle neuroscienze, il cervello dei genitori che cambia insieme a quello dei bambini.
E la risposta di competente di Alberto è arrivata allo stomaco.
Perché gli studi recenti hanno dimostrato che non cambia solo il cervello delle madri in gravidanza. Ma anche i padri che possano godere del contatto fisico con i loro bambini, quotidiano e prolungato nel tempo, mettono in atto un dispositivo relazionale grazie al quale sviluppano nuove reti neuronali. Il cervello cambia forma, cambiano gli ormoni in circolo, diminuisce il testosterone, aumentano ossitocina e prolattina. Tutto questo grazie solo alla vicinanza.
La vicinanza che diventa fondamentale anche contro la depressione post-parto. Un padre è d’aiuto anche solo essendo nella zona di compresenza.
Mentre gli autori citavano il libro, che conoscevo già. Io vedevo loro, che ci rispondevano duettando in armonia, anche quando raccontavano i loro litigi. Una vera squadra.
E pensavo a me, agli anni passati da sola pensando di fare la cosa giusta.
Lasciando che fosse mio marito a pendolare, perché nulla era mai abbastanza sicuro per imbarcarci in un trasloco familiare.
Intanto però gli anni sono passati e noi la vicinanza ce la stiamo costruendo adesso per la prima volta, lontani da casa, ma tutti insieme.
E a me viene il dubbio che troppo a lungo sia stata la mia stanchezza a vincere, e che sarebbe stato bello imbarcarci in uno tsunami di squadra, già parecchio tempo fa.
P.S.
Ci hanno insegnato anche un sacco di altre cose interessanti, ci tornerò. Intanto se avete voglia potete guardarvi la diretta del 28 febbraio, L’età dello Tsunami .