Leggo qua e là della proposta della Ministra Fedeli.
Genitori contenti che finalmente si ascoltino le richieste di tenere aperte le scuole in estate.
Genitori indignati che si neghi ai bambini il diritto alla noia, all’ozio estivo, ai pomeriggi in altalena, nei prati, al mare.
Genitori che si spendono in rete contro la scuola come costrizione, a favore delle vacanze come libertà.
Genitori che arrancano alla ricerca di soluzioni per gli infiniti tre mesi estivi. Devono lavorare, non hanno nonni a cui lasciare i bambini, non hanno soldi per due mesi di campi estivi. Hanno due settimane di ferie a testa, possono solo provare ad alternarsi per portare i figli via dalla città, magari passando insieme il weekend e ferragosto. L’unica offerta accessibile e diffusa sul territorio, gli oratori.
La scuola aperta sarebbe una buona cosa? Un segnale di attenzione verso le famiglie?
Noi da due anni abbiamo la fortuna di un’altra prospettiva.
In Svizzera il calendario è diverso, le vacanze spezzettate lungo l’anno. Sette settimane di scuola, poi sempre una o due di pausa, d’estate sette settimane di vacanza.
Certo il problema si ripropone, ma è più facile organizzarsi una settimana alla volta, distribuire l’eventuale spesa lungo tutto l’anno, prendere ferie quando il resto del mondo lavora.
E poi qui dove tutto è costoso, le attività per ragazzi costano meno che in Italia, – non tutte, dipende- ma i campus vacanze sì. Anche le scuole private più care sono tenute a offrire settimane di vacanza accessibili a tutti.
Ma soprattutto, qui la scuola fa un altro mestiere.
Per la scuola qui, pomeriggi nei prati, in biblioteca, in spiaggia, al parco giochi, in giro per la città, sono parte del programma.
Imparare a conoscere ed esplorare il luogo dove si abita, fa parte delle competenze che gli insegnanti devono trasmettere.
Saper prendere un bus, un treno, una metropolitana, e sapere come comportarsi in viaggio, fa parte delle capacità di un bravo cittadino, e si impara con la propria classe. Come camminare in montagna, nuotare in piscina, pattinare sul ghiaccio, sciare, orientarsi in un bosco, provare molti sport e partecipare a delle gare.
Non sono premi, o tempo rubato al programma, sono un pezzo fondamentale del programma, che segue il ritmo delle stagioni.
Ma in Italia consideriamo ancora il metodo Montessori sperimentale, Maria Montessori è morta nel 1952.
Nel nostro paese dobbiamo ricorrere a progetti speciali, per ricordarci che i bambini hanno solo da imparare dal rapporto con la natura.
Ben vengano tutti gli esperimenti di scuole all’aperto. Ma perché dobbiamo fare esperimenti? Non lo sappiamo già?
Ma davvero siamo a questo punto?
Quando è successo che la scuola italiana si perdesse per strada?
Quando abbiamo smesso di pretendere che fosse al centro della società? E di credere che gli insegnanti siano i custodi del nostro futuro, i fondatori della cittadinanza di domani?
Quando abbiamo accettato che si continuassero a ridurre i fondi per l’educazione prima, e di compensare poi con le nostre tasche tutto quello che la scuola non offriva più? Perchè abbiamo cominciato con la piscina, poi sono arrivati tutti gli altri sport, poi la musica, le lingue, l’arte, la natura. Alla fine ci è sembrato normale comperare sapone e carta igienica. E mettere via i soldi per i mesi estivi.
Ma un’altra scuola è possibile.
L’ho capito vivendo qui.
Quando provavo a immaginarmi la nostra vita svizzera, pensavo a quanto tutto fosse inaccessibile, che avremmo fatto fatica. Non potevo neanche sognare quanto ci sarebbe stato dato a scuola. E quanto questo avrebbe cambiato la nostra vita.
Quindi credo che sì una scuola aperta d’estate sia una buona cosa. Ma una scuola in cui il mese di giugno si passi più all’aperto che al chiuso, a giocare, spruzzarsi con la pompa, a riconoscere le foglie, o ad approfittare delle meraviglie sparse per tutto il nostro territorio.
Allora entrambi i genitori potrebbero lavorare più sereni, e poi fare tutti insieme una bella vacanza.