Tutti gli anni in estate lasciamo Vento e Tempesta una o due settimane in montagna da soli.
Di solito se la passano piuttosto bene.
Il nostro prezioso vicino dà loro da mangiare sul balcone, lasciamo aperta la loro porticina così possono entrare e uscire.
Al ritorno li troviamo un po’ offesi e raccogliamo peli su ogni cuscino,oltre a svariati cadaveri di topini o lucertole che si sono procurati per sicurezza, non sia mai che noi bizzarri umani decidessimo di non tornare.
Ma tutto sommato è un win-win, i vicini sono contenti che si regoli la sovrappopolazione di topini, e noi possiamo andare al mare tranquilli.
Quest’anno però c’era qualcosa di insolito.
Nei vari spostamenti qualcuno di noi è passato spesso dalla montagna e i gatti non sono rimasti soli per più di una settimana.
Ciònonostante erano inquieti. Anche il vicino era allarmato, diceva che gli sembravano tristi, che soffrivano la solitudine.
In effetti al nostro arrivo li abbiamo trovati magri, ci seguivano dappertutto e avevano fatto stranamente della pipì in casa. Ma non abbiamo dato peso alla cosa.
Una notte abbiamo dimenticato di chiudere la porta e siamo stati svegliati da ringhi feroci, il tempo di alzarci e tutto era finito, ma abbiamo capito che magrezza e inquietudine di Vento e Tempesta erano dovuti a un intruso che pescava dalle loro scodelle.
A quel punto si sono sprecate le ipotesi e la curiosità dei bambini era alle stelle, ma non avevamo altri indizi.
Finché due sere fa, dopo che i piccoli erano andati a dormire, i due adolescenti si stavano godendo una proiezione notturna dello Hobbit nel nostro Hometheatre Alpino molto vintage.
Il soggiorno era buio, il volume basso per non farsi scoprire dal fratello, i gatti dormivano sul divano, i ragazzi erano allungati sul pavimento, la porticina sul balcone sempre aperta.
Mia figlia era presa dalle avventure di Bilbo, quando sente una coda pelosa che le sfiora la gamba, convinta che si tratti del suo adorato Tempesta, sta per allungare la mano, quando con terrore di entrambe, si rende conto che la coda è più grossa e più rossa, e caccia un urlo.
L’intrusa a quel punto, per quanto abbastanza spavalda da entrare in soggiorno, piccola da passare per la porticina dei gatti, ma decisamente più grande di loro, si prende un colpo e si dà alla fuga.
I felini di casa per salvare l’onore scendono dal divano e la inseguono ringhiando. Fine del primo atto.
Intervallo: la sera dopo Vento e Tempesta spiluccano la cena, i succulenti avanzi di un lesso, al tramonto guardinghi, ma come sempre non finiscono, abituati a mangiare con calma nella notte.
Sprovveduti. Qualcun’altro svuota le scodelle per loro, che vengono a implorare crocchini nel cuore della notte.
La gestione animali comincia a farsi impegnativa.
Poi stamattina guardavamo sconsolati il panorama e la tazza della colazione.
I maschi grandi erano partiti verso la città, portandosi via l’amico e un pezzo di cuore.
– Mamma, ma io adesso cosa faccio?
Diceva sconsolato come ogni volta che si separa dai suoi amici italiani, il mio piccino dalla socialità intensa.
– Ma tesoro sono sicura che troviamo qualcosa di bello da fare, tipo dormire un po’ di più, fare qualche compito, e comunque per domenica abbiamo già in programma un altro incontro in cima al Monte Rosa, quindi ora mangia ancora qualcosa e accumula le forze per la passeggiata. Io torno subito, entro in casa a prendermi un té e poi mi siedo con te e facciamo un piano.
–Mamma, ssst, fai piano, c’è una volpe che mangia i crocchini.
E così abbiamo scoperto che la nostra instrusa è una cucciola, sicuramente affamata, probabilmente bisognosa di compagnia, abbastanza da stare un buon quarto d’ora a mangiare vicino a noi, d’azzardarsi a venire sotto il tavolo per un secondo, da rimanere a distanza di sicurezza mentre io le riempio la scodella, ma da tornare subito appena io faccio un passo indietro.
Direi che abbiamo trovato qualcosa di bello da fare.
Stiamo già leggendo l’enciclopedia, poi passeremo al Picccolo Principe. Intanto dobbiamo trovarle un nome.
Obbiettivo, una carezza.
Il problema sarà che non potremo mai più ripartire sapendola tutta sola nel bosco.