Oggi abbiamo conosciuto la signora Gertrude.
E’ arrivata accompagnata dalla figlia.
Splendide, una in pitone, l’altra in leopardo.
I capelli candidi cotonati che neanche Endora, la mamma della strega Samantha. La figlia aveva invece osato un color zucca matura, che si intona alla stagione.
Gertrude ci ha raccontato la storia della sua casa. Di come l’abbia fatta costruire sua mamma nel 1925. E di come lei ci abbia abitato con i suoi due mariti. Nel seminterrato avevano una stamperia. Producevano tappetini per orologiai, quelli che si stendono per mostrare ai clienti i preziosi e che devono riportare bene il disegno del logo. Li ha stampati a mano per tutta la vita, la macchina faceva TAC TAC.
Poi i mariti sono morti, uno dopo l’altro, e lei è rimasta nella sua casa, coi grappoli d’uva lungo la facciata e lavanda e rosmarino fuori dalla finestra della cucina.
Le abbiamo chiesto se ha mai avuto il permesso del vicino per passare con la macchina, ha risposto che una volta le avevano offerto di costruire un garage anche per lei insieme a quello accanto, ma lei non ha mai avuto l’automobile e ha risposto: no grazie.
Ora però Gertrude fa fatica a vivere da sola, la figlia e i nipoti sono lontani, così ha deciso che deve vendere la sua casa.
E alla fine lei piangeva, e io pure.
Perché la sua casetta a dicembre sarà nostra, e per comprarla dovremo vendere quella di Milano, e pensavo sarebbe stata durissima dopo vent’anni vendere la casa dove sono nati i miei bambini.
E invece mi sono ritrovata a consolare Gertrude che era felice la comprasse qualcuno che avrebbe apprezzato quelle vecchie pietre, che le avevano fatte venire da Ginevra.
E io già mi vedo, il mercoledì mentre mio figlio è a lezione di solfeggio, io andrò nella casa di riposo lì accanto a portare a Gertrude l’uva del suo giardino. Perché mi sembrava tanto le mie nonne. E ci ha venduto la sua casa.
E noi dovremo dire addio a monsieur B., e ci dispiace, ma non troppissimo, perché cominciavo a essere un po’ stufa di vederlo partire per un mese e mezzo in Marocco e un altro in Brasile, mentre noi facevamo al massimo su e giu dal Sempione, che qui gli affitti costano una follia.
E tutto questo sarà una bella cosa, perché noi conserveremo comunque una casa a Milano e ci potremo venire quando vogliamo.
Ma ne avremo una qui, e anche una in montagna, e c’è proprio da essere grati, che è più di quanto abbia il resto del mondo. E l’anno prossimo avremo due cantieri insieme e ci sarà da impazzire, ma anche da divertirsi parecchio.
E tanto per cambiare l’estate prossima traslocheremo.
Perché a noi venerdì 13 ci fa un baffo.
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