Ieri sera il mio bambino aveva l’allenamento di calcio.
Da quest’anno va e torna da solo. Ma mentre mettevo su la cena ho sbirciato fuori dalla finestra e mi sono resa conto di quanto si siano accorciate le giornate.
Stava imbrunendo, l’allenamento era finito da mezz’ora, e di lui nessuna traccia. A quel punto ho sentito il dovere di farci un pensiero. Va bene che siamo in Svizzera, ma ha solo nove anni, e io non so neanche se torna da solo o con qualche amico.
La cena a quel punto era avviata, e il pater familias era rientrato, così io, così com’ero, in maglione di lana e infradito, ho preso il telefono e sono uscita sulla piazza per guardare se lo vedevo sbucare in cima alla strada.
E mi sono trovata avvolta nel più bel tramonto autunnale di questi mesi.
Mi è presa una gran gratitutidine, dritta nella pancia.
Per la fortuna di abitare in un posto in cui se esci sulla porta di casa vedi il Monte Bianco infuocato di rosa e le narici si riempiono di profumo di camini accesi, foglie umide, uva appena raccolta.
Per mio figlio che se non fosse in ritardo io sarei ancora ai fornelli e mi sarei persa questa meraviglia.
Per quest’autunno che è sempre la fine di qualcosa, ma quest’anno per noi potrebbe davvero far posto a una nuova stagione ed è così emozionante che fa paura, ma anche sorridere.
Mentre mi perdevo nei pensieri e mi riempivo gli occhi di tramonto, stavo camminando su per la collina verso il centro sportivo. I lampioni si erano accesi, stava decisamente diventando buio, all’orizzonte i fari del campo rischiaravano la sera, ma del mio calciatore nessuna traccia.
Mi decido a fare ufficialmente la mamma ansiosa e telefono alla madre dei due fratelli a cui do il pranzo il mercoledì, neanche loro sono ancora arrivati, ma hanno le biciclette.
Le chiedo se secondo lei scenderanno dai campi o dalla strada e se pensa che dovremo fare qualcosa di diverso ora che diventa buio sempre più presto. Lei si pone il problema in quel momento,
– “eh, già, in effetti è buio…no, non so da dove passino, di solito vengono per i campi, ma a volte preferiscono la strada per scendere più veloci con la bici. Io ho comperato delle giacche invernali coi colori brillanti pensando a quando sarà buio ”
-” bene, grazie, qui sulla strada non ci sono, mi sa che faccio il giro per i campi, non fa ancora freddo, grazie”
-” ti chiamo quando arrivano i miei”
Così io e le mie infradito ci avviamo tra le vigne. Sempre più buio, sempre più forti i fari del campo sportivo in fondo, nessuna traccia dei piccoli calciatori. Mi fa bene camminare, mi rimprovero di non farlo più spesso, non starò per sempre in questo posto, devo approfittarne.
Ma qui i ragazzi non ci sono, né in bici, né a piedi.
Mi telefona la mamma di D e M. M è arrivato a casa, ma ha lasciato suo fratello perché ci metteva troppo tempo sotto la doccia. Facile che sia insieme al mio e magari se lo carica sul portapacchi della bici. Non voglio sapere. Torno giù e risalgo per la strada. Comincia a far fresco in infradito.
Ed eccoli là in fondo, sotto la luce dei lampioni, si ditinguono due minion che chiacchierano e gesticolano, uno gesticola di più. Ha la giacca aperta e calata sulle spalle, i capellli fradici brillano alla luce, la sacca più o meno a tracolla. Stavano facendo il loro terzo tempo, e io ero un’intrusa.
-“Mamma! E’ successo qualcosa?”
-” Beh, no. Solo che è buio, l’allenamento è finito da quasi un’ora e non sapevo se saresti sceso da solo o in compagnia, per i campi o per la strada, così ti sono venuta incontro”
-” Ah, ma l’allenamento è finito in ritardo perché ci hanno fatto i test da portiere, e poi io e L. torniamo sempre insieme, e passiamo sempre per la strada”
-” Sì madame, noi stiamo sempre insieme”
-” Ah, bene, grazie L. E avete visto D?”
-“Sì lui ci stava mettendo tanto nella doccia, ma poi aveva la bici”
-“Bene, tutto risolto allora. Andiamo che la cena è pronta e tuo padre si mangia tutto se non arriviamo in tempo”
Commossa da tanta autonomia e saggezza, stamattina ho deciso che era in grado di raccogliere da terra la divisa di calcio e metterla in lavatrice, e anche di togliere dal bagno i Topolino che tappezzavano il pavimento.
Ce l’ha fatta anche se ha dovuto fare colazione un po’ più alla svelta, lamentandosi che non respirava bene.
-“facciamo il lavaggio al naso?”
-“Sì!!”
-“???, è la prima volta che mi rispondi di sì”
-” Eh, mamma, se non respiro, ne ho bisogno!”
-“Wow, mi avevano detto che i nove anni erano un gran salto di autonomia, sono commossa!”
-“Di cosa?”
-“Beh, mi sembra proprio bello che tu dica di sì a una cosa fastidiosa, perché sai che ti fa bene, non era mai successo.”
A quel punto era sulla porta di casa, già con un piede fuori.
-“Beh, sì, e tu non preoccuparti quando torno da calcio.”