La relazione tra genitori e insegnanti è da sempre delicata e fondamentale.
Specchio dei tempi, essa attraversa mille sfumature.
Dalla parte dei genitori è un alchimia di qualità e quantità della presenza.
Genitore assente, genitore presente, genitore invadente, genitore prepotente, genitore rispettoso, genitore succube, genitore titubante, genitore arrogante, genitore pago-pretendo, genitore son qui per aiutare, genitore collaboriamo, genitore ti tengo d’occhio, genitore me lo raddrizzi lei, genitore se lo sgridi farai i conti con me.
Dalla parte degli insegnanti c’è tutta un’altra fantasia di forme e colori, un arcobaleno di esperienze umane e dedizione, in un sistema che scricchiola da parecchio per mancanza macroscopica d’investimenti.
Io per parte mia sono sempre stata genitrice Faccio Quello Che Posso. Sono stata rappresentante di classe un numero decente di volte, ho montato la mia dose di alberi di Natale, animanto banchetti, venduto torte, classificato libri della biblioteca, regalato libri alla biblioteca, proposto laboratori teatrali, partecipato a riunioni, presentazioni, coreografie, concerti, pulizie a fine feste.
Con l’aumentare dei figli e dei viaggi all’estero di loro padre, sono diminuite le mie ore di presenza a scuola, ma a una cosa non mi sono mai sottratta, le riunioni e i colloqui con gli insegnanti.
Sono sempre andata a vedere in faccia le persone con cui i miei bambini passavano le loro giornate, per tranquillità mia e per rispetto per il loro lavoro che merita di essere come minimo ascoltato.
Ci sono state volte in cui ho dovuto fare le capriole e usare il giratempo per essere in contemporanea in tre classi, ci sono stati anni in cui ho avuto tre figli in tre scuole, e poi anni di vacanza in cui le scuole erano solo due e gli insegnanti noti. Occasioni in cui sono tornata a casa soddisfatta, altre in cui ho trattenuto a stento la pazienza e morso la lingua.
Ricordo l’inverno in cui eravamo in prima, in terza media e in prima elementare, non potevo perdere la consegna delle pagelle, che erano in contemporanea.
Si sarebbe parlato degli esami del grande, dell’inserimento del piccolo, del salto di scala della sorella.
Ci sarebbe stato un momento per due parole su ciascuno dei miei figli.
Loro padre aveva cominciato a lavorare qui, dove poi, non lo sapevo allora, ci saremmo trasferiti tutti. Ero sola.
E come una forsennata sono entrata e uscita dalle tre classi dove solo i genitori di figli unici erano presenti in coppia a fare un figurone.
Alla fine mentre camminavo verso casa, avevo telefonato a mio marito per raccontargli.
Eravamo soprattutto preoccupati dei due piccoli che avevano cambiato classe.
Ero stanca e rintronata dopo tutto quel correre a fine giornata da una classe all’altra. I voti erano tutti più che soddisfascenti, i giudizi non esattamente candidi.
Di tutte le parole e i numeri, mi erano rimasti due aggettivi, proterva e anarchico.
E anche ora che di pagelle ne sono arrivate parecchie altre, in lingue diverse e con tutti altri sistemi, i giudizi non sono esattamente cambiati. Secondo gli insegnanti, c’è chi deve imparare a non contestare la decisione dell’adulto e chi ha parecchia energia che deve essere meglio canalizzata. I soprannomi sono rimasti.
A questo punto non posso che fare mea culpa, perché la mia versione del genitore FQCP prevede che ai ragazzi si insegni il rispetto per l’insegnate e l’educazione, sempre, ma anche l’autonomia di pensiero, lo spirito critico, che l’obbedienza è finita con il processo di Norimberga, e che anche gli adulti sbagliano.
Insomma io non ho esattamente cresciuto dei soldatini, e ogni giorno ne pago il fio. A ogni richiesta segue dibattito, una fatica infinita.
Ma ammetto che stento a non sorridere e giocare la parte del genitore seriamente adirato, quando ricevo comunicazioni che sottolineano la tendenza di mio figlio minore ad agire fuori dagli schemi, o a non sentire profumo di déjà vu quando mi viene fatto notare che la mia bionda è troppo contestatrice.
Perché io credo che educare sia una gran fatica, e che lo scontro faccia parte del gioco, l’adulto è limitato e mette dei limiti, i bambini e i ragazzi sono fatti per superarli e guardare avanti.
Se l’adulto non regge la parte e usa l’arma della repressione, ha fallito il suo compito.
Per questo genitori e insegnanti dovrebbero essere molto ben pagati e fare delle belle vacanze.