Quando vedo sul display del telefono il numero della scuola, inevitabilmente anche se per una frazione di secondo, la prima parola a cui penso è “sciagura”.
Spesso sono comunicazioni di servizio, ma qualche volta sono un mal di testa o un mal di pancia o una febbre a farmi correre a scuola a prendere una delle nanette o lo gnomo moribondi.
Quella mattina la maestra aveva una voce più preoccupata del solito: M, correndo in giardino, si è scontrata con l’amica e il suo occhio è gonfio, molto gonfio.
-Il problema è che a scuola non c’è ghiaccio,
spiega la maestra, ed aggiunge che la bidella sarebbe andata volentieri in farmacia, non fosse stato per l’orario perché a quell’ora, in paese, la farmacia è chiusa.
Quindi è opportuno che la bambina torni a casa.
Bene, mi dico e le dico.
Quando vedo M. scendere le scale, però, la mia solita disinvoltura vacilla: il suo arco sopraccigliare è molto gonfio e rossastro e l’occhio non riesce ad aprirsi. Penso a quei genitori i cui figli amano la boxe e tiro un sospiro di sollievo pensando che la nanetta in questione non è solita ai combattimenti.
Consueta trafila al pronto soccorso e visita oculistica accertano che non è nulla di grave ma la dottoressa spiega ad M. con disinvoltura che quelle macchioline in alto a destra le vedrà sempre.
Lei, la dottoressa, è disinvolta ed io molto meno, ma tant’è.
Ora che so con certezza che la mia primogenita potrà vivere con entrambi gli occhi, cerco di capire che cosa diamine possa impedire ad una scuola elementare di avere il ghiaccio.
La coordinatrice del corpo insegnanti è ovviamente molto dispiaciuta, ma il ghiaccio è finito e il Comune non ha ancora provveduto ad una nuova consegna e il semplice ghiaccio in frigorifero l’ASL impedisce di tenerlo.
Il Comune sostiene di non aver ricevuto la richiesta ufficiale per la consegna del ghiaccio.
La maestra conferma dubitante, ma comunque sappiamo che quello che consegnerà il Comune basterà per un mese al massimo.
Bene, quindi?
Mando i miei bambini in una scuola in cui, se si fanno male, mamma e papà sono costretti a correre sperando che la ferita o il colpo non siano tanto gravi da necessitare un primo soccorso celere. Nel frattempo le maestre arrancano tenendo in piedi, letteralmente,la scuola e i genitori si preoccupano.
Tutto sommato si continua a sopravvivere, tra un momento di sconforto e l’altro.
Benvenuti in Italia, anno 2016.
Roberta Morosini per FQCP
Shirl
That’s an ineuoings way of thinking about it.