Da qualche anno abbiamo preso un campo fuori dal paese che possiamo raggiungere in macchina o a piedi dopo una passeggiata di mezzora,
è in una posizione che amo, su una collina, affacciato su due versanti con panorami sempre differenti.
Quando ci passo una giornata per pulirlo, lavorare l’orto, curare il frutteto, il tempo passa diversamente, la stanchezza è differente.
Anche i bambini, quando vengono, non andrebbero più via.
Siamo a Febbraio, è il momento di preparare l’orto per le nuove semine, così,l’altro giorno, assieme a figli e ai loro amici siamo passati a dare un’occhiata al campo.
E’ ormai pomeriggio inoltrato, siamo quasi al tramonto, mi fermo a guardare l’orizzonte, fantasticando sulle nuove colture ma attorno a me non c’è più nessuno… dove sono i ragazzi?
Spariti?
No, sono tutti arrampicati sul grande ciliegio, ognuno già calato in un personaggio fantastico, avventuriero, pirata, sguattero e così via, in un attimo sono lontani, in un luogo che da tempo non visito più.
Ammetto, li invidio, primo non riesco ad arrampicarmi neanche al primo ramo e poi…la fantasia è un po’ arrugginita.
Prossimo esercizio: “oliare” la fantasia
Rimango a terra, mi corico nel prato, stranamente asciutto in questa stagione e mi raggiunge Dea, il cane che si corica cercando una carezza, e io accanto a lei comincio l’allenamento.
Guardo le nuvole,
quante forme… e così iniziano le storie, con un coniglio, un delfino che magicamente entrano in quella dei bambini fino a quando siamo interrotti dal suono delle campane, è ora di tornare.
Nessuno ha voglia di scendere dall’albero, li capisco, ma prometto che torneremo presto, anch’io non vedo l’ora.
Chiacchieriamo lungo la strada di ritorno, è una meraviglia ascoltarli, piano piano arriva buio, ma non è un problema, le storie continuano, i progetti e i desideri pure fino a casa, dove salutandosi si danno appuntamento al giorno dopo per un altro giro, un altro gioco, un’altra storia.
Azzurra