Da tanto non leggevo un libro di carta. Una rinuncia per il bene della famiglia. Pensavo fosse un piccolo compromesso.
Quando i libri hanno cominciato ad essere stoccati anche in bagno e gli avidi lettori in casa sono diventati cinque, bisognava trovare una soluzione. Così io per conservare la libertà di essere una lettrice bulimica e preservare lo spazio vitale ho pensato di diventare digital.
Poco male, finito un libro basta un clic ed eccone un altro sul mio schermo, ancora meglio per leggere in altre lingue con il dizionario a portata di dito e le frasi che mi piacciono tutte raccolte nello stesso posticino, e poi ci si può portare sempre dietro un’intera biblioteca.
Passa il tempo e non ci penso neanche più, fino a che settimana scorsa mi viene voglia di leggere subito Esercizi di meraviglia, è appena uscito ed è solo di carta.
Così, complice la gita a Firenze, e il lungo tempo in libreria, torno a casa con il mio librino.
Febbraio, domenica pomeriggio, fuori piove, sul divano, la coperta con i miei melograni, libro e matita, la gioia piena. (c’era la nonna in visita a rendere possibile il miracolo)
– Mamma come mai hai una matita?
– mah, stavo leggendo.
– sì lo vedo, ma come mai con la matita?
Cosa mi sta chiedendo questo nano? Io ho sempre un libro e una matita in mano! Anzi io sono quella del libro e della matita, comunque e dovunque, da sempre, è un pezzo di me, della mia identità, da quando ero più piccola di lui.
E invece no. Nella sua breve vita lui mi ha conosciuta con uno schermo e manco lo sa se intanto mi sto facendo una cultura, rispondendo a un’email, chattando, o rimbambendomi con un videogioco. Lui non conosce la sua mamma col libro e la matita, quello che mi sembrava un piccolo compromesso è un pezzo di me che non ho condiviso con il mio ultimogenito. Un esempio che non gli ho dato, contro uno che gli metto davanti tutti i giorni, lui non lo sa che dentro il mio tablet ci sono decine di libri di tutti i generi e io ho anche osato sgridarlo per il tempo passato davanti allo schermo.
Non passa giorno senza che i bambini ci svelino le nostre contraddizioni e diano una spolverata ai pezzetti della nostra identità.
Luigi
Anch’io ho scoperto da tempo la comodità del libro digitale. Adesso poi che vado su e giù per l’Italia, si tratta di una necessità, che mi fa risparmiare in sedute dall’osteopata… E tuttavia pure io, dopo qualche mese dall’acquisto del mio primo Kindle – ormai sono trascorsi più di tre anni – ho dovuto concludere che il fascino della carta stampata è irresistibile. Vivo in simbiosi coi libri, al punto che la casa acquistata l’anno scorso, la cascina antica, ha dovuto subire preliminarmente un attento screening: doveva avere una stanza adeguata a contenere la biblioteca, non troppo umida, possibilmente affacciata a sud, sufficientemente luminosa… Uno degli indubbi vantaggi della mia separazione, è stato non dover più frequentare la mia ormai ex-suocera, che un giorno osò domandarmi stizzita cosa me ne facessi di tutti i miei libri! Il fascino del libro è la carta accarezzata dai polpastrelli, la carta che ingiallisce col tempo e invecchia assieme a noi; è la carta che sa di pomeriggi piovosi e di serate d’inverno accucciati sul divano e di pomeriggi estivi all’ombra del frutteto; sono le copertine che risuonano sonore sulle piastrelle quando il libro ti sfugge di mano, e paiono quasi ammonirti, ché il libro quando è fatto di carta, è come un essere vivente: va trattato con cura e attenzione.