Da oggi, fino alle vacanze di Pasqua, il corso intensivo di francese di mio figlio maggiore è sospeso, per mancanza di insegnanti.
Non sono scappati e neanche in sciopero, sono impegnati, tutti, tutto il giorno.
Dalla Siria è arrivato X, ha 13 anni, parla solo arabo, non legge e non scrive nessuna lingua. Non è mai andato a scuola. Ha conosciuto solo la guerra.
La scuola pubblica di questo paese, – che ha appena bocciato un referendum sull’espulsione degli stranieri che abbiano commesso reati – si organizza così per accogliere questo unico allievo bisognoso. Mobilita tutti i suoi insegnanti, sospende le lezioni di rinforzo agli altri studenti, per offrire a X un sostegno continuo, ogni giorno, ogni ora di lezione, finché non abbia imparato almeno a leggere il nostro alfabeto.
Intanto si cerca qualcuno che parli un po’ di arabo e possa aiutare. Ma i compagni di origine marocchina sanno solo il francese. Stanno cercando negli istituti vicini.
Ai ragazzi del corso intensivo è stato spiegato tutto questo, la ragione per cui per qualche settimana salteranno alcune ore di lezione, è per cederla a un compagno che ne ha più bisogno, si tratta di un’emergenza.
Mio figlio vuole conoscere X, ma non sa come comunicare, troveremo un modo, magari un biglietto, un disegno.
Intanto le regolari lezioni sono un po’ disturbate dal rumore dei lavori. In corso d’anno sono arrivati nuovi studenti, più numerosi di quanto fosse prevedibile, le classi del penultimo anno sono quindi troppo affollate, 28 allievi ciascuna. Per questo in cinque mesi verrà costruita una nuova aula. Così dopo l’estate se ne potrà formare una nuova ridistribuendo i ragazzi e facilitando il lavoro in vista dell’esame finale.
Questo paese non finisce di stupirmi. Durante la campagna per il referendum era tutto tappezzato di agghiaccianti manifesti con una pecora bianca, che scalciava una pecora nera oltre il confine. Il referendum ha perso.
E intanto un’intera scuola si mobilita per accogliere un ragazzo bisognoso e insegna la solidarietà a tutti gli altri.