Che cosa è stata la guerra? Che cosa ha voluto dire la liberazione per chi allora era solo un ragazzo?
Odori, sapori, rumori. Grandi paure e piccole felicità. Giochi quotidiani e vestiti rattoppati, soldati sconfitti e partigiani barbuti. Messaggi speciali alla radio e piccoli scolari in divisa. Luce e buio, coprifuoco, censura. Sveglie improvvise in mezzo alla notte, giù per le scale, avvolti nei plaid tra le braccia dei genitori. Il rombo di Pippo e l’arroganza di chi non vuole essere contraddetto. I treni fermi e le biciclette per strada. A volte fughe, nascondigli, fucilazioni, macerie. E poi polenta, polenta e ancora polenta.
La guerra, vista dai bambini, è più assurda e più normale di quanto ci immaginiamo studiandola sui libri. L’anno scorso, nel settantesimo anniversario della libertà, Albertine, Louisette e io abbiamo voluto chiederlo direttamente ai bambini di allora, che oggi sono splendidi ottantenni, ricchi di ricordi e pieni di entusiasmo. Ce l’hanno raccontata in tutti i particolari. Ci hanno fatto sentire quanto fosse duro il pane nero e soffice la farina bianca, quanto fossero preziose le tessere annonarie e ruvidi i calzoncini dei balilla. Che gusto avesse il coraggio di chi si opponeva, rischiando del suo per tutti. Quanto sembrassero neri gli americani e allegre le note del boogie che, alla fine, hanno invaso le nostre strade e i nostri cortili, in un’unica grande festa.
Il 25 aprile 2015, grazie alla creatività e alla determinazione di Francesca, l’abbiamo festeggiato al Muba, sostenuti dalla Fondazione Pardi, dalla Fondazione Cariplo, dalla magia di Topolino, che ci ha regalato dei bellissimi laboratori. E da tutti quanti ci hanno appoggiato con le Produzioni dal Basso.
Non dimenticheremo mai la generosità degli amici e dei testimoni, l’allegria di Valentina e Gabriella, la grande musica di Enrico Intra, Paolo Tomelleri e Lelio Lorenzetti che, oltre a raccontarci la loro storia, sono venuti a suonare per noi.
Oggi, settantun anni dopo, è bello continuare a festeggiare insieme, nonni, genitori, nipoti, bisnipoti, perché tra una generazione e l’altra continui a passare, e a parlare, la memoria. Perché il 25 aprile, più che del passato, sia una festa del futuro.