Alle quattro spaccate, come da programma svizzero, il pullman a due piani accostava nello spazio dedicato davanti alla scuola.
Prima ancora che si fermasse, dai finestrini si vedevano faccine sorridenti, tutte con cappellino e occhiali, soprattutto femmine, che salutavano i genitori in attesa.
Aperto il portellone, dalla pancia del mezzo uscivano nell’ordine: il baldanzoso autista che cominciava immediatamente a svuotare il bagagliaio del pullman riversando una montagna di zaini, zainetti e sacche varie sul marciapiede, la maestra J con un’aria così stravolta da farmi preoccupare per la sua salute e quella degli orsetti haribo nella sua pancia, e poi piuttosto ordinatamente una serie di settenni felici e abbronzati, del mio nessuna traccia.
Quando cominciavo a pensare che si fosse addormentato sul sedile, il nostro eroe è comparso sui gradini, del cappellino nessuna traccia, gli occhiali non avevamo neanche cercato di portarli, la faccia piuttosto lurida, ma l’abbronzatura da muratore gloriosa. In mano il sacchetto col pallone, addosso la maglietta dell’Italia, al collo gli scarponi da montagna, sulle spalle il sacchetto col picnic dell’andata.
Mi sorride dalla scaletta, poi ci abbracciamo e ci sediamo un momento sulla panchina lì accanto mentre aspettiamo che la fila ai bagagli scorra via.
– Mamma, campi mai più! E’ andata malissimo!
– Uh mi spiace tesoro, come mai?
– Mal di gola, mal di pancia e le maestre che non mi ascoltavano. E poi camminavamo sempre, si stava nello chalet solo dalle sei di sera!
– Capisco, ora andiamo a casa e sistemiamo tutto. Ma scusa, la maglietta dell’Italia che hai addosso è quella con cui sei partito?
– Sì non ne avevo altre!
– Ma cosa dici, tesoro ti ricordi che abbiamo fatto lo zaino insieme e abbiamo ripetuto tutto, nella sacchetta a quadretti bianchi e blu c’erano mutante, calze e canottiere, in quella rossa magliette e pantaloni.
– Ah ma io la sacchetta rossa non l’ho neanche considerata.
– Accipicchia e quindi in tre giorni che cosa ti sei cambiato?
– I calzini, una volta.
– Mi sa che ora a casa un bel bagno ti ci vuole proprio.
– No! Prima voglio fare merenda.
– Ah sì certo ci mancherebbe altro, com’era il mangiare al campo, chi cucinava?
– Schifoso, cucinavano le maestre, hanno fatto anche insalata di pasta, bleah.
– Poverine, ci avranno provato, e tu cosa hai mangiato?
– Un wurstel cotto sul fuoco con un bastoncino.
– In tre giorni?
Arrivati a casa gli ho messo davanti una lauta merenda e dopo mezzo chilo di yogurt all’albicocca, una banana, una montagna di semi di girasole, ha chiesto una pausa pipì. Dopo un po’ non vedendolo ritornare sono andata a controllare.
– Ah eccoti qui, allora non era solo pipì.
– No.
– Scusa ma allo chalet sei mai andato in bagno?
– No, non avevo tempo. Sai che abbiamo preso anche una cabinovia?
Mentre il suo intestino si rimettevano in pari, io raccoglievo i suoi vestiti e constatavo che effettivamente erano gli stessi con cui era partito a eccezione dei calzini.
Quando finalmente sono riuscita a infilarlo in vasca era una altra persona, la merenda e la seduta lo avevano riconciliato col mondo e mentre galleggiava ha cominciato a raccontare, sorridendo.
In quei tre giorni di supplizio hanno camminato per boschi, cucinato sul fuoco, sono saliti in funivia in cima a una montagna, giocato a pallone ma non con il suo, perché ce n’era uno ancora più bello, dormito poco, perché avevano molte cose da dirsi, fatta la doccia due volte. Lo chalet era bello, la loro camera si chiamava tesoro misterioso e aveva tre letti a castello anche se erano solo in cinque e lui ha potuto dormire in alto. Le femmine avevano una camera che si chiamava love girls e una macchina fotografica un po’ speciale con cui facevano delle finte pubblicità che poi mettevano su Youtube (!!!?). Oltre al wurstel ha mangiato almeno una volta la pasta e qualche cereale a colazione, una volta a merenda la torta che avevamo portato noi.
Uscito dalla vasca si è fatto una tazza di latte e biscotti ed era così accondiscendente da perdonarci di non aver registrato Portogallo-Ungheria e di non essere neanche capaci di trovare un replay su Youtube, per compassione ha detto che si accontentava di Spagna- Croazia, così almeno studiava l’avversario per lunedì.
Dopo il latte siamo passati alla pasta all’olio e abbiamo saputo che in camera quattro su cinque erano della sua squadra, mentre il portiere è rimasto in un’altra stanza ed è stato molto antipatico e che i vicini sullo stesso piano li svegliavano alle sei e mezza per chiacchierare.
Riassumendo, a parte mangiare, dormire, andare in bagno e cambiarsi la biancheria, possiamo dire che con l’autonomia siamo davvero avanti, posso dormire serena.
Tanto è colpa delle maestre che non lo ascoltano se non si sente tanto bene, la fame, la cacca e il sonno sono frivolezze.