Questa settimana sono iniziati ufficialmente i nostri lunedì musicali.
Fino all’anno scorso, i ragazzi suonavano tutti e tre, insieme il pianoforte.
Avevamo cominciato sette anni fa, grazie al fantastico maestro Stefano che ogni mercoledì si inerpicava fino in cima alle infinite scale di casa nostra.
Era così bravo che il piccolo di casa, quando suonavano i fratelli, si buttava ogni volta in terra al grido di: anch’ioooo!!
Il pazientissimo maestro Stefano un giorno, con un rapido scambio di sguardi, mi ha fatto capire che davanti a tanto desiderio lui non poteva negare i suoi insegnamenti e io non potevo che acconsentire.
Così a due anni, anche il terzogenito ha iniziato a suonare, rivelando un orecchio musicale e una presenza scenica piuttosto precoci. Non toccava terra, gli mancavano ancora i capelli e bisognava issarlo sullo sgabello. Ma una volta lì sprizzava gioia da ogni poro e guardava Stefano con infinita adorazione.
Io temo molto il mix bambini talentuosi e genitori che spingono, mi vedo davanti schiere di piccoli geni nevrotici, che calcolano integrali, suonano Rachmaninov, ma non sanno allacciarsi le scarpe e accumulano nevrosi.
Quindi non mi era neanche passato per la testa di cercare prestigiose scuole di musica, metodi giapponesi di apprendimento veloce, o di tentare l’ammissione al conservatorio.
Il maestro Stefano era bravo, ci stava molto simpatico, e l’organizzazione a domicilio era perfetta e così siamo andati avanti per cinque anni.
Poi però abbiamo traslocato.
E il distacco dal nostro maestro e dal nostro pianoforte è stato un altro lutto da elaborare.
Per partire sereni abbiamo cercato dei nuovi allievi che ci sostituissero, non è stato difficile trovarne e sono naturalmente felicissimi.
Ma noi rimanevamo comunque orfani e a un primo sguardo le scuole di musica svizzere sembravano tutte molto serie, molto care, molto performanti.
Per fortuna l’universo ha provveduto mandandoci la fatina E. che per tutto l’anno scorso ha dato lezioni di piano ai tre, in inglese, a casa sua. Lei non è un’insegnante professionista e di solito prende solo principianti, ma è così bella e gentile che per il nostro primo anno all’estero è stata perfetta.
Poi l’adolescenza si è insinuata in casa nostra e il pianoforte sembrava aver annoiato tutti, anche i minori di dieci anni.
– cioè non è il pianoforte non mi piaccia, ma con tutte le cose che devo studiare ci manca anche quello, e se non mi esercito tanto vale non buttare i soldi ( forte vena moralista dell’adolescente uno)
– io non ho voglia di dover uscire di casa anche per il pianoforte, così non mi resta mai tempo per leggere (mille pagine di romanzo in un fine settimana sono il minimo, per la nostra quasi teenager, meglio se abbracciata al gatto, sul piumone)
– va beh se non ci vanno loro allora neanche io, che poi l’inglese non lo capisco (rivolta linguistica del minore, che risponde sempre a tono a E. senza accorgersi in che lingua gli stia parlando)
La ribellione delle truppe ha prodotto lunghi dibattiti e riflessioni genitoriali, su quanto valesse la pena di insistere, se fosse giusto o sbagliato forzare la mano, su quanto fosse un peccato che abbandonassero, ma anche un rischio l’imposizione.
Poi io mi sono ricordata di aver abbandonato il piano alla stessa età, insieme a parecchie altre cose, e di averlo rimpianto, oltre a non aver trovato di meglio. Così ho provato a rilanciare:
– Ragazzi io capisco che non abbiate più tanta voglia di suonare il piano, ma penso davvero che sia un peccato, siete bravi e avete studiato per tanti anni. Vi propongo invece di abbandonare la musica, di pensare se non c’è qualcos’altro che vi piacerebbe suonare e di farlo per un anno sul serio, al conservatorio. Poi se non vi piace smettete per davvero, ma almeno saprete di essere arrivati fino al conservatorio e potrete ripartire da lì se vi verrà voglia.
Il risultato sono state settimane di consultazioni, l’emergere di volontà individuali di differenziazione, l’analisi dell’offerta locale, una visita al conservatorio, dove al colloquio con la simpatica segretaria che ci illustrava i percorsi possibili, con solfeggio o senza, repertorio classico o moderno jazz, canto o decine di strumenti i due grandi sono entrati in confusione, mentre il piccolo:
– ma io lo so già cosa voglio fare.
– ah, bene, cosa?
– pianoforte.
– fantastico…e..classico o moderno?
– classico e anche il solfeggio.
– caspita, ma allora ti iscrivo direttamente?
– certo.
Alla fine quindi abbiamo messo insieme un’organizzazione musicale per cui il lunedì pomeriggio c’è chi va al conservatorio a lezione di piano, chi torna a scuola per cantare nel coro, e chi, da bravo adolescente, va in una bellissima scuola a prendere lezioni di chitarra.
Tre scuole, tre posti diversi, tre iscrizioni, tre strumenti. Niente sconti famiglia.
Ma sembrano contenti e ieri sera provavano tutti in contemporanea, i Nirvana, la canzone dell’orso Baloo e delle scale a dieci dita.