4. La mia vita, la tua vita

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Ed eccola lì, in mezzo a capre e galline, la ragazza piena di sogni e ora con qualche preoccupazione.
Sul lettino del medico greco che impugna il joystick collegato al commodore64, che dovrebbe essere un ecografo moderno.
Di sicuro l’orgoglio dell’isola.
Forse hanno fatto una colletta per comperarlo. Magari anche per far studiare il dottore.
Forse lo usano anche per le mucche e le capre, quando la gravidanza si fa difficile. Almeno per le galline no, e questo se non altro è di conforto.

Chissà come arriva il gel che le sta spalmando sulla pancia, e come fa ad essere fresco in questo torrido mattino d’agosto.

Glielo porteranno in nave o in aereo. Ci arrivano gli aerei qui?

Ed eccolo lì anche lui, come un marziano dallo spazio compare sullo schermo del commodore64. È più grande di qualsiasi immaginazione, ha braccia e gambe, oltre a un cuore che batte visibilmente.
Ed eccolo lì anche il pezzetto di rame che non è riuscito a battere la natura. Quel filetto di metallo che avrebbe dovuto impedire il concepimento è invece anche lui lì, in prima fila a godersi lo spettacolo della vita. Non ha funzionato, ma non ha neanche abbandonato il campo. Per ora c’è spazio per tutti. Per ora.

E così arriva la domanda del dottore.

E lei non lo sa mica che la sua risposta le cambierà la vita per sempre, e non solo la sua.
O meglio, comincia a immaginare, che tutto stia per cambiare, ma non sa in che direzione.

Sa solo che è lì, in mezzo a capre e galline.
E che dentro di lei è cresciuto zitto zitto quell’esserino, che doveva essere lì da parecchio per avere quelle dimensioni.
Ma lei non lo sapeva perchè il ciclo non le era mai saltato.
E poi sa che in quell’isola non c’è un ospedale. Il massimo a disposizione è questo studio medico con la pergola di vite in fondo a una strada sterrata.
E loro sono arrivati fin qui in moto e così devono tornare.
E poi ora che l’ha visto quello è il suo bambino, e nessuno glielo deve toccare.

Per cui no dottore, la spirale non la togliamo.
Lei non mi tocca.
Io torno a casa. Vado dalla mia dottoressa, che di sicuro sa cosa bisogna fare.
E poi io voglio un ospedale, con la sala operatoria e l’anestesia, e anche la flebo che se mi viene un’emorragia ci pensano loro.
Perciò mi dispiace caro dottore con le galline, che forse le signore col fazzoletto nero in testa la pagano in pulcini, ma io no, io torno a casa.
E il mio bambino lo salvo in città.
E andrà tutto bene. Anche mia cugina è nata così, sarà destino di famiglia.

Ce la faremo piccolino. Io volevo salvare il mondo, quindi posso cominciare da te.

Ormai la mia vita è la tua vita.

segue

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