Ci avviamo serenamente verso il 2017.
Per noi saranno vent’anni di matrimonio.
Non posso dire vent’anni sereni, perché ne abbiamo viste varie e parecchie.
Piuttosto vent’anni in ottovolante, con molto lavoro e poca strategia di lungo periodo.
Grandi doti di sopravvivenza all’emergenza, capacità organizzative non equamente distribuite.
E alcuni punti fermi.
Tra questi delle piccole perversioni, non tutte condivise, che sopravvivono all’inclemenza del tempo.
Se le reciproche manie non hanno smesso di irritarci negli anni, le follie condivise ci hanno di sicuro rinsaldati.
Possiamo passare una delirante serata insieme guardando annunci immobiliari e immaginando come trasformeremmo ciascuna casa per alloggiarci la nostra famiglia.
Con una connessione internet siamo in grado di rintracciare ogni immobile, verificarne posizione, orientamento, esposizione, possibilità di ampliamento, distanza dalle scuole, dai mezzi di trasporto.
E a quel punto la fantasia si libera e galoppa, e in pochi minuti sappiamo già dove pianteremo la salvia, di che colore dipingeremo le finestre, quali lampade appenderemo in un soggiorno che non sarà mai nostro.
Tutta questa immaginazione ci è di certo servita un po’ sul lavoro, ma non ci ha evitato il panico quando abbiamo dovuto smobilitare davvero la famiglia.
E neanche ci ha resi capaci di una pianificazione lucida e oculata.
Perché alla fine siamo sempre romantici, delle case e dei luoghi ci innamoriamo e appena ci entriamo vogliamo farne un nido, adattarcele addosso, trasformarle, e quindi spenderci tempo e denaro, che nessuno ci restiuirà.
Non siamo capaci di trattare le case come semplici oggetti d’investimento.
Ma guardarle, immaginare progetti, sognarci un futuro insieme è di sicuro un pezzo della nostra storia.
Avendo scelto di riprodurci, abbiamo corso il rischio di trasmettere per via ereditaria le nostre perversioni. E ora che i ragazzi crescono e si intravvedono i loro caratteri, si mostrano anche preoccupanti segnali con una punta di svizzeritudine.
Di recente il nostro piccolo ha cominciato ad appassionarsi all’orario dei bus, che qui in Svizzera spacca il minuto, quando sali ti dicono Bonjour! e se il mezzo tarda ci si indigna.
È un libricino verde che per comodità teniamo in cucina, accanto ai libri di ricette, sempre in pronta consultazione. Dovremmo ormai conoscere a memoria i passaggi dalle fermate sotto casa, ma ogni volta che qualcuno deve uscire o tornare, immancabilmente arriva la chiamata:
– Mammaaa, mi guardi il 702?
Probabilmente stufo di sentirmi sbuffare, mio figlio minore ha cominciato a studiare le tabelle orarie, e forte delle sue abilità coi numeri, le ha imparate a memoria.
Così quando noi vecchi suonati, a tavola, casualmente ci diciamo :
– Oggi mi hanno mandato una bella casa a B. (che significa che un agente immobiliare ci ha inviato un annuncio per una casa in vendita o in affitto)
– Ah, però B. mi sembra un po’ lontanto, scomodo.
Il nostro ottenne interviene:
– Ma no mamma, non è scomodo, basta prendere il 735 e poi il 705 e arrivo a scuola.
Il che mi ricorda che noi vecchi abbiamo un bel lavorare di fantasia e stressarci sul futuro, pensando nuove destinazioni. Intanto lui le sue radici le ha messe ben salde nel presente, la sua scuola è qui, la sua squadra anche, e se noi ci azzarderemo a traslocare ancora, lui si è attrezzato coi suoi bus per tornare alla base appena conquistata.