Settimana scorsa mi sono azzardata a postare su Facebook alcuni scambi tra me e mio figlio maggiore, che era in gita.
Di solito non lo faccio, perché l’adolescenza è un campo minato, e non vorrei combinare guai.
Stavolta però i commenti e le risposte di chi ha figli più grandi, e le domande di chi ha figli più piccoli, mi fanno pensare che sia il caso di pensarci su e magari parlarne.
Perché io ogni volta che mi trovo davanti a un cliché sento, come un pizzicorino, l’invito a pensare più a fondo.
In questo caso il cliché era, adolescente scontroso non dà notizie dalla gita/mamma ansiosa non ottiene risposta ai messaggi .
Diagnosi della rete: tutto normale, aspetta che passa/la prossima volta non andarlo a prendere all’aeroporto.
Pensieri di chi ha ancora figli piccoli: aiuto mi devo preparare al peggio.
Allora giusto per sgomberare il campo, io non sono una mamma particolarmente ansiosa.
Sono cresciuta a suon di Niente nuove, buone nuove, e mi attengo a questa regola, anche nel cuore.
L’anno scorso in settimana bianca mio figlio stava molto male, i compagni erano pessimi con lui che era appena arrivato e faceva fatica a comunicare.
L’ho sentito ogni sera chiedendogli se gli faceva piacere che lo chiamassi, ha sempre risposto sì, e di telefonata in telefonata abbiamo superato anche quello scoglio.
Quest’anno ho aspettato 48h a mandare il primo messaggio, Tutto bene? – Sì.
La sintesi non lasciava dubbi sulla sincerità, non ho più telefonato.
Ma la gestione di tre figli pieni di attività, rende necessaria parecchia organizzazione, e la comunicazione è fondamentale.
Rispetto all’Italia, qui gli scambi scuola famiglia, e le autorizzazioni da firmare sono molto meno.
Non c’è stata alcuna riunione per presentare la gita, qui la gente guadagna tanto, e gli straordinari dei professori costano.
Quindi tutto quello che si doveva sapere sul viaggio a Lisbona era riassunto in una facciata A4, su cui si indicava un volo di ritorno, che però non compariva sul tabellone dell’aeroporto.
Ho mandato un messaggio per sapere se sarebbe tornato in treno.
Lui non lo sapeva ancora, e quindi non ha risposto.
Ecco qui sta il nocciolo della questione.
Lui ha dato per scontato che se la sarebbe cavata.
Io ho dato per scontato che saremmo andati a prenderlo.
In mezzo non ci si è parlati.
E mentre aspettavo tre voli da Lisbona tutti con un’ora ritardo, io ho pensato che fosse stato scortese a non darmi notizie, lui ha pensato a organizzarsi per tornare in treno coi suoi compagni.
Appena è sceso ha acceso il telefono, e io ho chiamato.
Era sinceramente sorpreso, e felice di saperci all’aeroporto.
Nel mezzo degli arrivi si è messo per terra a scavare nella borsa per dare subito a suo fratello la maglia da calcio, che gli aveva scelto insieme ai suoi compagni.
Poi super contento è andato a offrire un passaggio ai due con cui avrebbe dovuto prendere il treno.
Aveva regali per tutti, salvo che per sè. E ci è rimasto male nel sentire che io avevo aspettato un suo messaggio.
– L’altra volta mi avevi chiamato tutte le sere, questa volta ho ricevuto solo un messaggio, non avevo idea se sarei tornato in treno, allora non ho risposto.
Lui non aveva intenzione di essere scortese.
Le sue energie erano concentrate nel trovare una soluzione, e probabilmente nel divertirsi.
E di questo non posso che essere felice.
La sera si strusciava contro di me come un gatto e aveva steso sul tavolo i regali per noi.
Era dispiaciuto di aver trovato solo misure grandi delle magliette dell’acquario, Perchè mia sorella avrà da dire, a lei piacciono aderenti.
Insomma aveva pensato a tutti noi, ci aveva investito del tempo, dell’affetto, dei soldi, dell’attenzione.
Non se ne era vergognato e aveva coinvolto i suoi compagni nella scelta dei regali.
Ma non gli era venuto in mente un messaggio o una telefonata.
Le neuroscienze ci hanno insegnato che è durante l’adolescenza che si formano e rafforzano le connessioni tra cervello emotivo e cervello cognitivo. Quindi è normale che le trasmissioni tra emozione, pensiero e azione siano ancora un po’ confuse.
Allora però, proprio per questo non penso che il mio dovere sia solo portare pazienza, che è normale così, e poi passa.
Sicuramente non devo più arrabbiarmi dando qualcosa per scontato, ma vorrei fare di più.
Perché mi vien di pensare che a lui serve imparare a comunicare, in maniera semplice e diretta.
E un po’ sta anche a me insegnargnelo.
Che dall’altra parte del telefono ci sarà una ragazza, una donna, un amico che aspetta un messaggio, e se lui ci tiene, bisogna che si ricordi di mandarlo, non che si stupisca dopo che lei o lui si sono arrabbiati.
Quindi per mettere le cose in chiaro ho deciso di stipulare coi miei figli un semplice contratto.
“Quando parti per più di una giornata è d’obbligo inviare un minimo di due messaggi, uno all’arrivo nel luogo di destinazione, e uno alla partenza da tale luogo.
Tali messaggi devono contenere almeno tre aggettivi oltre a data e ora del rientro previsto.
Nel caso sia necessario accompagnamento, è necessario farne cortese ed esplicita richiesta, con apposito messaggio.
Se non ti viene spontaneo farlo, e l’affetto non è una motivazione sufficiente, ricorda che siamo noi a pagare l’abbonamento del tuo telefono, oltre che il tuo viaggio.
Quando provvederai autonomamente alle tue spese, tale obbligo decadrà, nella speranza che per allora sia sufficiente l’affetto.”
Patti chiari, amicizia lunga