Allora l’estate porta consiglio.
Si stacca la spina, si vedono posti nuovi, si dorme di più, si sogna meglio.
Beh, io non ho fatto esattamente questo.
Ho sgobbato allo sgombero del nostro studio, mi sono svegliata presto.
Ho macinato chilometri, ma sempre lungo la stessa strada.
Però ho letto molto.
Lo faccio sempre, ma stavolta di più. Più di un libro alla settimana, talvolta uno al giorno. Più di una lingua, ché ormai mi sono proibita le traduzioni dall’inglese e dal francese.
Era il patto con me stessa per accettare queste vacanze faticose e al risparmio.
Ho letto romanzi scritti da donne e da ragazze, tutte le storie di Liane Moriartry e di Rainbow Rowell, qualcuna di Joyce Carol Oates, Amélie Nothomb, Annie Ernaux, l’ultima di Jody Picoult.
Ho letto gialli scritti da uomini.
Ho letto libri per ragazzi.
Ho provato a studiare cose difficili su come sono fatte le emozioni ( mi ci vorrà ancora parecchio tempo per capirle) di Lisa Feldman Barrett, e cose molto interessanti sui movimenti femministi americani e l’attivismo con le ragazze.
E tutto questo leggere, forse mi avrà fuso il cervello, ma mi ha convinta di una cosa: oggi non si può essere dei buoni genitori senza essere femministi.
Io stessa faccio ancora un po’ fatica a usare la parola femminismo. Fa troppo parte della mia storia. Il primo pensiero va agli settanta alle amiche di mia madre minorenne, che gliene dicono di ogni perché è rimasta incinta e vuole tenermi, mentre c’è una rivoluzione da fare e non c’è tempo per essere madri.
Poi a tutte quelle che ci hanno detto che l’obbiettivo era l’uguaglianza, e io non mi sento proprio per nulla ugale agli uomini e meno male, perché loro mi piacciono diversi e noi anche.
Ma visto che non trovo una parola migliore, ho provato a fare pace con la storia, e a capire cosa c’è dentro il femminismo oggi. E ci ho trovato molte belle cose, altre meno.
Tra le cose belle ci sono le ragazze dello spark movement che sono veramente giovani, e pensano, scrivono, agiscono molto.
Il loro blog powered by girl mi ha dato da riflettere sui rischi delle ultime serie Netflix di cui tanto si è discusso, tra cui to the bone, che pretenderebbe di aprire una discussione sull’anoressia, ma rischia solo dei gran danni.
Le loro spark actions sono divertenti, geniali, e irriverenti, senza essere né violente, né illegali.
La loro proposta dei post it You have been sparked! da mettere nei negozi giocattoli che ancora hanno gli scaffali rosa per principesse e quelli per maschi avventurosi, mi hanno fatto prudere le mani.
La piattaforma Learning About Multimedia Project che segnala, mette in luce e combatte gli stereotipi, di genere, razza, età, nelle pubblicità mi torna in mente ogni sera.
Le loro riflessioni sull’importanza di un lavoro collettivo e intergenerazionale mi sono risuonate come una chiamata, la mia chiamata.
Perché essere genitori cos’è se non un lavoro intergenerazionale?
E Faccio Quello Che Posso è un tentativo di comunità.
E con il mondo che va come va oggi, come si fa a non volerlo migliore per le nostre figlie? Ma anche per i loro fratelli.
Quindi cari e care di Faccio Quello Che Posso, non so se possiamo tirarci indietro.
Mi sa proprio che dovremo trovare il coraggio di dichiararci genitori femministi, e poi di capire bene cosa questo voglia dire ogni giorno.
Pensiamoci sopra. Non credo che possiamo rimandare oltre.
Buona fine estate.