Dopo un’estate di andirivieni e traslochi, che più che di vacanza sapeva di semina, i cui frutti conto di raccogliere per molte primavere a venire, mercoledì sera genitori e gatti sono rientrati alla base.
La suddetta base, ovvero la nostra casetta nel villaggio, ci ha accolti con un imprevisto caos.
Ci sembrava di averla lasciata in ordine, è tutt’estate che puliamo e riordiniamo, invece è bastato entrare con le ultime valigie, una tonnellata di spesa italiana, quel paio di scatole ancora da traslocare, e l’effetto caos ha ripreso il sopravvento. Persino il giardino che avevamo tosato da poco è tutto scarmigliato, per non dire dei pomodori trasformatisi in giungla.
Mi sono ripromessa di aver sistemato tutto prima di venerdì sera, quando alle 19,30 sbarcheranno da un battello i miei tre scout.
L’impatto di tre zaini fangosi nello stesso tempo non mi è ancora capitato, tremo all’idea che ci possa toccare anche una tenda da stendere ad asciugare, e sto dicendo paroline dolci alla lavatrice perchè non ci abbandoni questo fine settimana.
Superato l’ostacolo fango, ci saranno stomaci da riempire, code al gabinetto da smaltire, ore di sonno da recuperare, gatti da spulciare. E poi non resterà che prepararsi al vero rientro.
Lunedì comincia la scuola. E per la prima volta da quando siamo qui, saranno tre figli, tre scuole.
C’è chi finalmente uscirà dai villaggi per avventurarsi nella periferia multietnica della città, in una scuola tutta nuova che sembra promettere cose bizzarre e interessanti, come corsi di cinema alla pausa pranzo, ché il liceo deve aprire gli orizzonti.
Chi si godrà l’indipendenza dal fratello maggiore e dovrà mettersi a studiare parecchio, perchè al terzo anno il non essere francofoni non è più una giustificazione.
Chi tornerà come l’eroe risanato dalla adorata maestra L che sta già preparando la settimana sugli sci.
I miei propositi per questo terzo anno d’emigrazione, sono di darmi il più possibile alla macchia.
Mi sto costruendo una ritirata strategica che comincia con ridurre il numero dei pranzi settimanali da me preparati all’unica giornata del mercoledì.
Prendendo al balzo l’assenza del grande che non fa in tempo a rientrare, ho iscritto anche gli altri a due giorni di mensa, rimesso in piedi uno scambio figli, e rispolverato le scatole porta pranzo.
Inesorabilmente formata all’arte italiana della burocrazia ho tremato tutt’estate non ricevendo notizie sulle mense. Temevo di aver sbagliato tutto, che la mia busta e la mia email si fossero perse, che ancora una volta mi sarei trovata tutti i giorni a dover mettere in tavola alle 12.
Poi lunedì, la vigilia di ferragosto, a Milano suona il telefono:
– Bonjour Madame, qui è il Comune di P.
– Bonjour, c’è qualche problema con l’iscrizione, vero? L’ho mandata tardi? Era da fare con 18 mesi di anticipo come tutto qui? Non avete più posto?
-Ma no Madame, va tutto bene, il posto per sua figlia c’è, avevo solo un dubbio sulle crocette che avete messo, se volete la mensa per lunedì e martedì, o per lunedì e giovedì.
– Ah, sì, mi scusi, abbiamo corretto il modulo quando ci è arrivato l’orario e abbiamo visto che martedì ha due ore di pausa e fa in tempo a tornare a casa e preparare anche per suo fratello. Grazie mille e mi scusi sa, ma adesso cosa succede? Vi devo mandare mille documenti? Pagare tutto in anticipo, millemila franchi?
– Ma no, Madame, riceverà a casa una busta con la carta col codice a barre e le istruzioni per alimentare il conto. Lei versa quello che può, quando può, e sua figlia quando prende il pasto passa il codice a barre e noi scaliamo il costo. Poi quando il conto sta per esaurirsi le mandiamo un’email per ricordarle di fare il versamento. Comunque i pasti vengono serviti anche se il conto è in negativo. Se vuole può scaricarsi anche l’app Mycantine e gestire i pagamenti dallo smartphone e anche le assenze o gli eventuali depannages?
– Depannages?
-Beh, sì, se lei deve partire una settimana per lavoro e ha bisogno che sua figlia mangi a scuola tutti i giorni, va sull’app, o ci telefona, o ci scrive un’email e ci comunica la sua presenza.
-Partire una settimana per lavoro? Lei è una donna meravigliosa lo sa?
Due giorni dopo la busta era già arrivata, con tutte le istruzioni, e tre codici a barre così gli allievi possono appiccicarselo su degli oggetti che hanno sempre con sè, come il telefono o l’abbonamento del bus, che noi lo sappiamo come sono questi giovani di oggi.
Con ancora un giorno di suspence, il giorno di ferragosto, ha telefonato anche la mensa delle elementari, per quella sì che ci vogliono tutte le attestazioni, reddito, vaccinazioni, assicurazione responsabilità civile per quando tireremo una pallonata nel vetro. Ma martedì pomeriggio la signora mi aspetta per farmi vedere i locali e spiegarmi tutto per bene. Si scusa di non avermi telefonato prima, ma erano in ferie, e anche sua figlia ricomincia lunedì, quindi se per me non è troppo tardi ci vediamo martedì.
Ed è solo l’inzio, perchè ho accettato inviti per FQCP da ovest a est della penisola, e messo in pentola progetti vari che mi bruciano sotto la pelle per la fretta di uscire.
Non voglio più imprecare quando suona la campana delle 11 e sono nel mezzo di un pensiero o di un disegno, voglio essere contenta dell’opportunità di passare i pomeriggi coi miei figli, ma partire almeno una settimana per lavoro, che a furia di vedere le mie foglioline nel cemento ci sto prendendo gusto.