A scuola con le farfalle
Questa settimana anche in Italia è l’ultima di vacanze, poi finalmente si torna a scuola.
Noi qui a nord delle Alpi abbiamo cominciato il 21 agosto e ci siamo goduti tutte le foto di amici al mare che invocavano la riapertura delle aule.
E anche il dibattito sull’ipotesi di riduzione del corso di studi a quattro anni di liceo.
Alla terza rentrée transalpina mi trovo a sorridere davanti a certe discussioni nostrane.
Non che l’indignazione per lo stato della scuola italiana sia scemata.
Quello che mi fa sorridere è che ancora ci si faccia incastrare nella discussione sul segreto di Pulcinella.
Basta cambiare prospettiva di poco, per me son solo tre ore di treno, per vedere come ci stiamo lasciando menare per il naso.
Finchè lasciamo che le nostre energie si impegnino in dibattiti sul numero di anni dell’istruzione superiore, non ce ne resteranno per arrabbiarci abbastanza da squarciare il velo e guardare la realtà in faccia.
Quando ci dicono che nello scegliere il percorso quadriennale si sono riferiti a modelli europei, la domanda dovrebbe essere una sola: “quanti soldi investono su ciascuno studente quei Paesi? “
Poi possiamo precisarla, “quanti soldi negli ultimi vent’anni? Quanti soldi per ogni ordine di studi? Quanti in previsione nei prossimi dieci anni? Quanti rispetto ad altri settori?
Perchè la sostanza è tutta lì.
Ma è lì non solo perchè sono urgenti molti investimenti per rimettere in sesto la scuola italiana, come minimo gli edifici che non crollino in testa agli allievi.
E’ lì perchè la scelta di quanto investire nell’istruzione ci dice tutto sulla direzione che il nostro Paese vuole prendere.
Finchè si programmeranno tagli alla scuola, come si sta facendo da vent’anni, non si sarà scelto di crescere, innovare, andare avanti, investire sul futuro. Punto.
E’ inutile consolarci dicendo che abbiamo ancora un’ottima formazione. Stiamo consumando la rendita del passato. Gli insegnanti si muovono nei confini di risorse misere che limitano le loro possibilità di far bene.
Poi potranno raccontarci che quattro anni di liceo sono meglio di cinque, e noi possiamo anche crederci. E forse se mi dicono che su ogni singolo studente investiranno gli stessi denari, ma per un periodo ridotto di un quinto, magari può anche andare bene.
Ma io voglio sapere, quale percentuale del bilancio si è scelto di investire sull’istruzione dei nostri figli, adesso, in futuro, rispetto al passato.
Non voglio parlare d’altro, non voglio essere distratta a parlare di riforme sui cicli di studi, che sono un altro nome dato a tagli di bilancio.
Ci sarà la crisi, i bilanci verranno tagliati, ma la percentuale mi dice quanto ci si tiene alla scuola.
Quanto la si considera importante per la costruzione del futuro.
Potranno cambiare le cifre assolute, ma la percentuale ci dice quasi tutto.
E non è così difficile da comunicare, possono fare una bella tabella che capiamo tutti:
Quest’anno l’Italia ha deciso d’investire l’x%
Non sopporto che mi dicano che sono conti complicati, non possono essere più complicati dei progetti di riforma che ho letto in burocratese. E se è troppo complicato spiegarci come investite i nostri soldi, allora avete qualcosa da nascondere.
Datemi una semplice percentuale, poi se volete articolatemela per ordine di studi, regioni, provenienza degli investimenti, ma datemi una cifra da cui partire. Poi parliamo di tutto il resto.
Nel cantone dove abito è quasi un quarto, il 23%, del totale del bilancio.
Anche qui taglieranno un pochino. Ma fino ai quindici anni le famiglie non devono comperare neanche una cartuccia della stilografica.
Sui più piccoli si investe come talenti in germoglio, non si sa ancora in che direzione cresceranno, bisogna che assaggino un po’ di tutto e che a tutti siano offerte le stesse opportunità. Che vadano a sciare e a nuotare con la maestra, a camminare in montagna, a visitare le università, i musei e le fiere dei libri.
Scienze si studiano in laboratorio. Quest’anno si comincia biologia, allora in classe sono arrivati dei bruchi, è responsabilità dei bambini occuparsene. A primavera saranno farfalle e voleranno libere per la classe. Un po’ come loro alla fine della quarta.
Sono ossessiva su questo, perchè sono convinta che ci sia un effetto a catena, se su qualcosa si investono tanti soldi, e lo si dichiara, si dà un segnale, si dice che è importante, è patrimonio di tutti.
E a scuola quel patrimonio sono i nostri bambini, e i loro insegnanti.
E se lo Stato fa sentire la propria considerazione, allora ha il diritto di pretendere il massimo dell’impegno, a cominciare dalla pulizia dei begli edifici che costruisce per i suoi studenti.
E quell’impegno non ha nazione e non ha colore, e diventa il primo percorso d’integrazione.
Perchè se tutti i bambini hanno diritto alla stessa penna e alle matite Caran d’Ache, la differenza la fa la loro voglia di fare. La loro capacità di prendersi cura delle farfalle.