Scuola, la scelta giusta

Gennaio sarà tempo di scelte della scuola per gli studenti che passano di ciclo. Così i fortunati genitori milanesi di coloro che l’anno prossimo affronteranno la “prima”, nel mese più tranquillo dell’anno, che come ben noto è dicembre, si sobbarcano gli open day delle scuole della Città. Tra una recita, un musical, il regalo alla portinaia, il pranzo di Natale delle mamme, i biscotti per la festa della materna, si infilano queste istruttive visite alle scuole. Uno dovrà ben valutare dove mandare il pargolo a studiare. L’iscrizione alla scuola “sotto casa”, (parliamo di primaria e secondaria di primo grado) non va più di moda; la vicinanza pare non essere più la variabile fondamentale da considerare nella scelta; ma sembra che intervengano ben altre variabili.

Pur avendo fatto un open day in tempi non sospetti (a novembre) nell’istituto che frequenta ora mio figlio e convinta nel voler proseguire in una realtà scolastica dinamica e didatticamente valida, all’alba di dicembre, ho voluto curiosare nelle altre scuole.

In particolare ho voluto visitare una nota scuola del “centro”. Mentre facevo il giro delle aule e l’insegnante decantava i successi ottenuti dagli allievi e soprattutto, sottolineava le aspettative dei risultati attesi da tutti i nuovi, io guardavo i ragazzi dell’istituto e quelli che erano lì per vedere la scuola e i loro genitori. Eravamo tutti italiani.

La cosa mi è balzata all’occhio perché, solo poche settimane prima, avevo avuto modo di leggere di una ricerca condotta dai Proff Pacchi e Ranci del Politecnico di Milano in collaborazione con il Comune di Milano. Lo studio, basato su elementi statistici e demografici, mette in luce un’evidente segregazione scolastica a danno dei bambini stranieri (che rappresentano un quarto dei bambini residenti). Questo accade perché gli italiani (prevalentemente di ceto medio) “fuggono” in massa verso scuole private, o a dominanza di italiani. Questa fuga in dati si traduce in un 56% dei bambini delle primari e 58% delle medie che vengono iscritti al di fuori del proprio bacino d’utenza; e un 20% di studenti (parliamo sempre di scuola dell’obbligo) che migrano verso le scuole paritarie, in Lombardia sovvenzionate dalla Regione.

Così accade che si stiano creando delle vere e proprie scuole ghetto, soprattutto nelle periferie già problematiche. La scuola, che dovrebbe essere il luogo deputato a costruire l’integrazione, a superare le barriere, a ridurre gli svantaggi sociali diventa invece strumento che perpetua e acuisce le differenze.

Mentre riflettevo su questa ricerca, ascoltavo la Preside dell’istituto affermare che il programma formativo è basato sulla costruzione della cittadinanza. I ragazzi cioè, devono imparare ad essere cittadini consapevoli e partecipativi. Allora ho avuto un moto di stizza e non so cosa mi abbia trattenuto dal chiederle come possono diventare cittadini consapevoli se vivono in una dimensione che li allontana dal reale volto della loro Città. Come fanno a diventare cittadini se non possono attingere da quella straordinaria ricchezza  data dal multiculturalismo. Mi sono chiesta e mi continuo a chiedere, come si possa, da genitori, avvallare un mondo della scuola che con l’autonomia ha messo sempre più gli istituti uno contro l’altro, fino a sfidarsi a suono di “super prestazioni” mentre stiamo parlando di scuola dell’obbligo. Una scuola che dovrebbe dare conoscenze di base a tutti. E per quanto mi riguarda, e mi interessa molto di più, una scuola che deve fornire tutti gli strumenti necessari per accrescere lo sviluppo del pensiero critico. Come possono i genitori, in coscienza, scegliere di perpetrare una cosa terribile come la segregazione scolastica?

In fondo, la risposta ce l’ho. Mi fu detta tempo a dietro: io mio figlio non lo faccio scendere in trincea. Eppure, non mi arrendo all’idea che sia così; che non si capisca che l’apprendimento non viene pregiudicato da una classe eterogenea, ma che anzi questa condizione faccia da propulsore alla curiosità, alla conoscenza, al rispetto, al dibattito.

Ogni genitore fa come può, lo sappiamo. In questo spazio lo diciamo sempre. Ma fare come si può non è anche scegliere un bene che non si ferma al it et nunc, al proprio figlio, ma lo travalica e guarda oltre? Non abbiamo, come genitori, il dovere di scegliere di costruire una società migliore perché questo lasceremo ai nostri figli? Io penso che la costruzione di un mondo diverso da quello in cui viviamo oggi non abbia bisogno di gesti eroici, ma solo di riflessione e di azioni che si basino su valutazioni ponderate. Scegliere la scuola, in quest’ottica, necessita di una grande e coscienziosa riflessione

Le scuole ghetto sono una polveriera: alla lunga, questa situazione porterà sempre più i nostri ragazzi verso un “voi e noi”, ad uno scontro tra periferia e centro; e l’adolescenza (con tutte le sue problematiche), non sarà che il cerino buono per accendere la miccia del disagio sociale. Siamone consapevoli, almeno.

Fonti:

Trovate la ricerca a questo link:

https://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_Libro.aspx?ID=24428

e un approfondimento qui:

http://www.learning4.it/2017/12/12/la-scuola-della-fuga-bianca/

 

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