Indossa una felpa pelosa verde fosforescente che ha scelto personalmente e ben s’intona con le cuffie arancioni che coprono le sue orecchie e più di metà del viso, illuminato dalla luce bluastra dello schermo che tiene in mano. I piedi sono nudi. Le gambe navigano in un pigiama di terza mano.
Ogni tanto appare nel buio del soggiorno, si ferma sulla soglia e lancia comunicazioni lapidarie, poi gira su se stesso e scompare nell’ombra.
–A Torino c’è un clima caldissimo. E qui c’è la neve. Eh!
Perché lui sul lettone ha approntato la sua stazione di comunicazione internazionale, che con un ponte radio a casa della nonna a Milano, lo proietta direttamente sugli spalti del Juventus Stadium. Ché va bene essere emigrati, ma il tifo è una cosa seria.
Ogni tanto lo si sente parlare.
–Tutto bene tesoro?
–Non stavo parlando con voi. Stavo parlando con la nonna!
Il resto della famiglia non può capire.
Solo contribuire ogni tanto in momenti d’emergenza.
–Non c’è più connessione!
Per il resto possono dedicarsi solo a inutili attività come guardare Ocean 12, loro che hanno tempo da perdere.
Lui, lo strano individuo, ha una partita da vincere.
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