In questi giorni molti genitori italiani sono affannati davanti al sito web del MIUR nel tentativo di iscrivere i loro figli a scuola.
Nei mesi scorsi quelli tra loro che hanno un ragazzo o una ragazza in terza media si sono cammellati tra una presentazione e un open day, e spaccati la testa su LA SCELTA.
Dal mio punto di osservazione a distanza posso dire che quest’anno il Liceo Classico Manzoni di Milano ha fatto una presentazione accattivante, avevano delle bellissime felpe, e si sono giocati la carta cinema, grazie a Gli Sdraiati di Francesca Archibugi. Morale un sacco di ragazzini hanno pensato che tra quelle quattro mura troveranno la felicità. In questi giorni si sono formate delle squadre per la vita, perché nelle nostre citta se frequenti un liceo poi per tutta la vita sei uno del…Parini, Leonardo, Manzoni, Mamiani, Virgilio, Marco Polo, D’Azeglio
Ricordo con un pizzico di nostalgia quando ci siamo passati anche noi, sicuramente di più quando eravamo studenti e non genitori.
Mio figlio maggiore si straziava nella decisione, poi con largo anticipo ha passato un test per una scuola considerata ottima e ci siamo sentiti a posto, invece siamo emigrati.
In realtà è una delle cose che sono contenta di avere lasciato in Italia.
Qui non c’è da scegliere. O meglio si scelgono cose rilevanti come quali materie studiare, ma non la scuola in cui farlo, a quello ci pensa la sorte.
Ma quello che è veramente diverso, anche al liceo, è ciò che è considerato didattica.
È didattica il laboratorio di chimica, la mostra di storia dell’arte, la giornata di sci, il cineforum, la Commissione Europea dei ragazzi, il film su Hannah Arendt, la riflessione sulle origini del razzismo nell’ora di filosofia e psicologia.
Leggo oggi sul giornale, almeno una volta alla settimana cerco di leggere le cronache della mia città, che il tanto gettonato liceo Manzoni ha annullato tutte le uscite didattiche come punizione per i comportamenti tenuti durante l’autogestione.
In prima pagina invece trovo che la ministra Fedeli ha autorizzato l’uso dei telefonini in classe a scopo didattico.
E mi viene solo in mente che qui in ogni classe c’è un computer e tutte le lavagne interattive possibili, ché la tecnolgia per scopi didattici la deve mettere la scuola.
E se vogliamo dare l’esempio di un uso ragionevole delle tecnologie, non possiamo cominciare istituzionalizzando la differenza tra chi ha l’ultimo modello di smartphone e chi quello avanzato dalla mamma, scaricando ancora un costo sulle famiglie.
E poi che se si chiamano uscite didattiche non sono dei premi, ma dei momenti di didattica fuori dall’aula, così come l’ora di ginnastica è un pezzo fondamentale della formazione di giovani menti e corpi.
E ho detto e scritto che il tema è uno solo, quello dei soldi, che è inutile girarci intorno, bisogna investire nella scuola.
Ma ora mi vien da articolarlo un briciolino, ché forse bisognerebbe leggessimo un po’ di più e ci aggiornassimo, basta anche la dispensa di neuroscienze che si trova in edicola per raccontarci dei danni alla capacità di concentrazione causata dagli smartphone e dell’importanza del movimento fisico per la salute della mente, e dell’utilità dell’apprendimento in contesti differenti per arricchire l’esperienza.
Perché, perché, perché il meglio che la nostra scuola possa offrire è tenere dei ragazzi chiusi in delle aule dove ormai sono rimasti solo sedie e banchi, non certo ergonomici, a subire passivamente ore di didattica frontale?!
E poi io le autogestioni le ricordo come dei gran momenti di crescita, nel caos, imparare a mettersi in gioco, parlare in pubblico, farsi delle opinioni e difenderle.
Se giustamente dobbiamo ristabilire la disciplina, facciamogli pulire la scuola, che qui in Svizzera cominciano a farlo dai sei anni, e anche quelle sono ore di didattica.
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