il grande giorno della perquisa

È arrivato il grande giorno della perquisa.

Quello che ogni residente in Svizzera, che non sia proprietario di casa, teme più di ogni altra cosa.

L’unica vera ragione per cui vale la pena d’indebitarsi per le prossime generazioni, e comperare un alloggio qualsiasi.

Il giorno della prima visita dei luoghi da parte dell’agenzia. La temutissima Gérance!

Si narra di un ingranaggio diabolico, secondo il quale le agenzie mirano a trattenere per intero la cauzione pari a tre mesi di affitto, perché ricevono percentuali sulla cifra trattenuta.

Tale complotto si attua attraverso controlli maniacali degli appartamenti. Cosa che ai NAS gli fanno un baffo e CSI sono dei dilettanti.

Viene controllata la pulizia di forni e cantine, vengono estratti i cassetti delle cucine per controllarne l’igiene su ogni lato, passato un cotton fioc tra le piastrelle, spostati i letti per verificare la presenza di eventuali scalfiture del pavimento sottostante.
Una vittima prediletta pare sia il coperchietto del porta cartaigienica, quello che tiene fermo il rotolo, famoso ricettacolo di polveri tossiche.
Non parliamo poi dei giardini, si dice venga misurata la lunghezza del prato con il righello.

Dopodiché viene stilata una lista di tutte le mancanze che devono essere colmate per il giorno della restituzione delle chiavi.

La perquisa è il tipo di situazione capace di spaccare un matrimonio. In particolare il nostro. Il pater familias entra in un’ansia incontrollabile, immediatamente trasformata in rabbia e disgusto verso qualsiasi traccia umana, figurarsi felina, e per estensione verso gli agenti provocanti, tutti noi.

Si aggira per settimane bofonchiando ” una famiglia di zingari, che schifo, io me ne vado, non è possibile ” e raccogliendo attrezzi dimenticati in giardino, scarpe sparse ovunque, sacche sportive di ogni genere.
Poi dedica una domenica mattina alla demolizione della cucina a scopo igienico, irritandosi fortemente alla comunicazione di necessità superflue e antigieniche come preparare la cena. “in questa casa si mangia troppo, e si cucina sempre”.
A sua parziale giustificazione ci sono due episodi traumatici del passato recente, una perquisa subita in solitaria quando ha lasciato il suo appartamento di Ginevra mentre traslocavamo tutti qui, e una visita a sorpresa di Monsieur B. con la nuova rappresentante dell’agenzia un pomeriggio d’estate in cui noi eravamo già in vacanza.

Per parte mia, io ho cercato di usare un po’ delle mie abbondanti capacità strategiche per preparci a questo momento, ma ho miseramente fallito.
Avevo fissato l’appuntamento al rientro delle vacanze pasquali e chiesto alla signora che fa le pulizie in casa di amici di venire un giorno in nostra assenza, mi sembrava l’unica soluzione, estrarre dall’habitat i produttori di caos e introdurre un elemento risolutore.
Ma sono stata gentilmente rimbalzata, non ha voluto essere il nostro elemento risolutore. Così abbiamo rimandato l’appuntamento.

Per il resto cercare di adeguare la nostra caotica famiglia mediterranea, agli standard di ordine e pulizia svizzeri è impresa impossibile, quindi in un momento di lucidità zen, ho deciso di restare calma, il ché rende ancora più nevrotico il mio consorte che mi accusa di fregarmene. Ma io ho serenamente deciso.
Non avrei urlato, solo il minimo indispensabile perché i panni sporchi si sollevassero dal pavimento del bagno e raggiungessero quello davanti alla lavatrice, e i decori marroni all’interno del gabinetto venissero rimossi e non considerati espressione artistica.
Poi avrei cominciato a inscatolare una serie di oggetti senza i quali possiamo sopravvivere nei prossimi mesi, tipo la zuppiera di porcellana regalo di nozze.
E avrei affrontato da sola il terribile momento, ché io nella vita ne ho viste tante e ho imparato che la paura del male è spesso peggio del male.

Il risultato di stamattina è terrificante.
Oltre al nostro consueto disordine ci sono mucchi di scatoloni sparsi per casa, che i gatti usano come fortino.
Lo sbocciare della primavera ha reso tutti romantici e felici, si entra e si esce dal giardino in fiore e imbizzarrito, cresce a vista d’occhio, pieni di gioia, umani e felini, trasportando sotto le proprie zampine fili d’erba, brandelli di muschio, fango.
Le finestre sono spalancate per lasciare che la brezza primaverile riempia le stanze e sparga queste tracce di natura in ogni angolo. L’aspirapolvere chiede pietà.
Il sole illumina poeticamente ogni granello di polvere e ditata di manina sui muri candidi, ha piovuto ininterrottamente per dieci giorni, ma negli ultimi due splende radioso.
L’arrivo del sole ha entusiasmato i nostri piccoli amici animali, che hanno cominciato la muta, aggiungendo ciocche di peli alle evidenze naturali presenti in ogni angolo. E hanno aperto la stagione della caccia riempiendo il prato di cadaveri di poveri topolini, e depositandone ogni mattina uno al centro della cucina per condividere amorevolmente con noi il lauto pasto, dopo aver capito che non apprezziamo le lucertole. 

Io forte della lunga lezione di yoga di ieri sera, che mi ha riconnessa con le forze della natura e aiutata a riconscerne gli inequivocabili segnali, mi arrendo.

Aspetto l’appuntamento di oggi pomeriggio con serena rassegnazione in mezzo ai miei scatoloni.

Se mi chiedete un’ipotesi sullo svolgimento della perquisa, l’unica plausibile è che la gendarma elvetica, una volta varcata la soglia, muoia sul colpo, e a me tocchi seppellirla in giardino.
Se non altro avrei risolto il problema di cosa farmene del mucchio di compost.

Il dettaglio sgradevole è che noi al momento dell’emigrazione, non disponevamo neanche lontanamente della cifra richiesta come cauzione, pertanto ci siamo rivolti ad un’assicurazione che fornisce tale garanzia a fronte di un pagamento annuale. Ciò significa che qualora questa cauzione non venisse liberata, l’assicurazione potrebbe scatenare dei suoi propri gendarmi a verificare ulteriormente lo stato dei luoghi e la validità della richiesta. In quel caso assisteremmo a Il grande giorno della perquisa 2: la vendetta.

Alle 16,30, pensatemi.

Faccio Quello Che Posso

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