Cara Nu,
che bello che tu mi abbia scritto,
e che tu lo abbia fatto qui!
Finalmente rende FQCP quello che ho sognato aprendolo,
un luogo di accoglienza per genitori più o meno allo sbando,
per darsi la mano e cercare idee davanti alle sfide vecchie e nuovissime che ci troviamo ogni giorno davanti.
Hai citato la coerenza.
È una mia ossessione.
Ricordo ancora bene il mio sguardo di bambina, con cui ferocemente scandagliavo ogni azione dei miei genitori.
So che adesso quello sguardo tocca a me.
Ho cercato con Faccio Quello Che Posso una via fuga, ammissione volontaria di incoerenza. Scusatemi figli, io FQCP, mi perdonerete se potrete, o altrimenti, vous ferez avec, come si dice qui.
Ma lo so che non basta.
Cerco di spiegare, di mettermi nei loro panni, “Guardate lo so che è difficile resistere a una cosa che lampeggia, vibra e suona. L’hanno inventata dei signori molto intelligenti proprio perché sia irresistibile. Poi però alcuni di quei signori si sono accordi che starci troppo tempo non faceva bene. Per questo bisogna darsi delle regole. Io per prima ne ho bisogno ed è mio dovere passarle a voi”.
E la questione buon esempio insieme a tecnologie è una bella bomba.
Ma la mia domanda su facebook era sui sentimenti, come far capire che di punizione non si tratta, quando come tale viene vissuta?
Il mio bambino, per ora, non si merita proprio di essere punito. Sta facendo delle cose pazzesche, risultati incredibili, salti di crescita.
E vede i suoi compagni giocare con lo schermo.
Perché lui no?
E come glielo dici senza tirare in ballo cose peggiori, tipo le maledizioni che vorresti tirare agli altri genitori che dotano i pargoli di smartphone ultimo modello?
Sbilanciarsi in complicate spiegazioni sociologiche sul bisogno di mostrare la riuscita di un progetto migratorio attraverso l’esibizione di gadget, non avrebbe molto senso per un novenne. E poi mi potrebbe rispondere che anche noi siamo emigrati, perché non farci belli con qualche gadget.
Dirgli che lui è riuscito così bene l’anno scorso proprio perché non aveva schermi? Forse è una strada, ma un po’ troppo luddista direi. Magari ho in casa il prossimo Steve Jobs e gli tarpo le ali.
La domanda non è peregrina come la piega presa dalla discussione.
Io più o meno so quello che devo fare stavolta, è il come che mi manca.
Per il resto c’è sempre il vecchio trucco, ho da poco scoperto che è ancora molto diffuso:
- cedere a una delle richieste gadgettistiche.
- stabilire insieme regole capestro
- attendere speranzosa che faccia la prima c….ta e come una mannaia intervenire ritirando il gadget.
Non è esattamente alta pedagogia, più sul genere conti della serva. Ma risponde a varie esigenze.
Nel mio caso il poter dire ai compagni di possedere l’oggetto del desiderio ponendosi nelle schiere degli integrati e non dei poveri ritals appena arrivati con le valigie di cartone.
Stabilire un concetto sempiterno come quello che se violi delle regole paghi delle multe, la moneta in questo caso sono giorni di gioco.
Fare una bella lista delle priorità tipo prima si studia, si gioca a calcio, si suona il piano e poi se non c’è il sole e non si può uscire, allora se la camera è in ordine, si può giocare con quell’arnese.
Non mi soddisfa esattamente, non mi sento grande educatrice, non mi sento di convidere con lui un percorso, ma di fare solo la controllora che pattuglia i confini. Detto ciò per ora non ho di meglio.
Magari qualcuno dei baldi genitori che impazzano sulle nostre bacheche sanno darmi la soluzione giusta, per questo figlio, in questo momento, in questa casa.
Io nel frattempo Faccio Quello Che Posso.
Un bacio, Nu, continuiamo a scriverci.
Alessandra