Il tuo libro, Il nido di vetro, ci ha fatte incontrare.
Abbiamo scoperto luoghi e affetti in comune. In poco tempo le cose che ci avvicinano sono diventate più importanti della fine così diversa delle nostre storie intrecciate.
Per me sapere entrambi i tuoi bambini felici in giro per il mondo è un regalo.
Forse mandato dal mio piccino, che alla TIN [ terapia intensiva neonatale] non ha fatto in tempo ad arrivare.
Questione di tempismo, i luoghi sono gli stessi, noi eravamo in anticipo, non solo di settimane, di una dozzina d’anni, la scienza corre veloce e oggi fa miracoli, allora non ne ancora capace.
Detto ciò, sapevo che per leggere il tuo libro avrei dovuto prendermi un momento tranquillo, in solitudine, con molti fazzoletti, me lo aspettavo.
Ogni tanto mi serve, Ciao Lapo insegna che un lutto così non si supera, si impara a camminarci accanto, come se restasse su un sentiero parallelo alla nostra vita ed è giusto qualche volta fermarci un momento su quel sentiero con affetto e accettazione, evita di sentirsi solo amputate. Ero pronta quindi: piumone, lettone, fazzoletti, marito in viaggio di lavoro.
Ma tu mi hai sorpresa.
Dalle prime righe sono stata proiettata nello spazio e nel tempo. Quando raccontavi di una stanza di ospedale, io ne vedevo l’immagine nitida, i colori pastello delle pareti, il rumore delle porte dell’ascensore che porta alla TIN. Quando eri a letto a cercare di parlare con la creatura dentro di te e a chiedere al tuo utero di non aprire quella strada, io ero lì. E piangendo, per voltare pagina mi ripetevo è andato tutto bene, Matteo sta bene, va a scuola a Bucarest e gli piace un sacco.
Avresti potuto limitarti a raccontare questo, una bella storia finita bene. Con tanto di emoticon a cuoricino azzurro.
Invece no.
Tu hai avuto il coraggio dell’ambiguità.
Hai guardato in faccia il lato oscuro della maternità. Quello di cui nessuno vuole mai parlare.
Forse è quella la cosa più grande che abbiamo in comune.
The dark side non ci ferma, sorella.
Hai raccontato dei momenti in cui hai solo sperato che finisse presto, per tornare dal tuo piccolo, sano, in forma che ti aspettava a casa. Potevi evitarlo, nessuno ti avrebbe detto nulla.
Ma tu hai smascherato il fantasma.
Quello che dal primo test positivo, popola gli incubi di ogni gravidanza: Basta che sia sano.
E forse grazie a te quel fantasma sarà più debole. Qualche giovane madre sarà meno sola.
Non come le anime che ti sono passate accanto in quei mesi di attesa, e che tu nelle nebbie del dolore hai avuto la forza di notare e far loro spazio nelle tue pagine.
La tua storia è solo vostra, ma se me lo concedi, la vostra gioia è di tutte noi.
Grazie di averla scritta.
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