Ieri sono finiti gli esami.
Due anni fa, al nostro arrivo, mio figlio maggiore è stato inserito in quella che noi abbiamo affettuosamente chiamato la classe delle bestie, cioè di quei ragazzi che a tredici anni sanno già che non vorranno più studiare, devono solo adempiere all’obbligo scolastico fino ai quindici anni, poi liberi tutti.
In quei primi giorni, ancora sotto choc, mio figlio si era trovato benissimo. Le bestie si sono dimostrate affettuose e accoglienti, un bello spirito di gruppo e poca competizione, le sue difficoltà linguistiche non sono state un grande ostacolo anzi essere italiano era piuttosto cool, e dopo poche settimane lo avevano eletto rappresentante di classe.
Peccato che quella classe fosse capitanata da un fantastico coach, un professore solare e generoso, ancorché poco svizzero nell’organizzazione imputabile alle origini italiane.
Alla prima riunione coi genitori aveva detto:
– Io voglio che alla fine di questo percorso ciascun allievo esca con un progetto concreto per la sua vita. Visiteremo scuole e luoghi di lavoro, simuleremo colloqui, scriveremo curriculum, ma non trascureremo il programma, perché sono ancora in tempo a cambiare idea e con un anno di raccordo possono proseguire verso la maturità, se venisse loro voglia di studiare.
Il coach era così bravo che nonostante la timidezza dell’allievo e l’ostacolo della lingua, dopo poche settimane ha capito che il suo posto non era lì, e ci ha informati che da novembre il suo percorso sarebbe proseguito in una classe più adatta.
Così quello che avrebbe dovuto essere il riconoscimento di un merito, si è rivelato un ostacolo non da poco. Nella classe dei bravi l’inserimento non è stato facile, la competizione era alta, e lui l’ultimo arrivato, farsi accettare una sfida. Ha accettato di restare fino all’esame, ma coltiva ancora il sogno di tornare in Italia.
Abbiamo rimpianto per due anni la classe delle bestie. Per fortuna c’era modo di vedersi all’intervallo e di mantenere i contatti fuori da scuola, di mangiare insieme tutti i venerdì.
Una volta chiarito che il possesso di alcol o stupefacenti per noi poteva significare l’espulsione, anche se a possederli era l’amico all’apparenza magrebino, ma dotato di un solido passaporto rossocrociato, e ottenuta la risposta indignata perché il suo amico è musulmano e non beve, e a me il fumo fa schifo. Noi genitori ci siamo detti che a Milano non sarebbe stato meglio, il fumo lo vendevano dietro le elementari alle otto del mattino, il nostro ragazzo è sempre stato giudizioso e avere qualche amico randa nella vita fa bene, a quindici anni poi è d’obbligo. La pizza del venerdì è diventata consuetudine.
Ieri sera per festeggiare la fine degli esami, abbiamo aperto la stagione dei picnic in spiaggia. Appena scesi dall’auto, l’esaminato si è volatilizzato.
Al momento di rientrare abbiamo azzardato un messaggio. Risposta:
– Sono più avanti all’aperitivo della mia vecchia classe, c’è anche il professore, mi fermo qui.
Sono passata a ringraziare il professore a cui dobbiamo tanto e che era lì con moglie e tre figli. Mentre i fratelli s’affogavano di biscotti al cioccolato, io ho osato chiedere:
– Mi scusi, ma io non ho proprio idea di come funzioni, dobbiamo aspettare una lettera coi risultati degli esami, o li appendete a scuola, ci telefonate?
– Beh sì, normalmente se un allievo non ha passato l’anno, il professore telefona a casa. Vede, questi sono i miei allievi..
Dice indicando il gruppo di ragazzi sorridenti che giocano dentro e fuori dall’acqua.
– Non abbiamo organizzato niente, io ho solo detto che sarei stato qui stasera, e loro sono venuti. Poi domani credo che dovrò telefonare quasi a tutti!
Noi siamo tornati a casa, lui è arrivato verso le 11, ha avvisato che gli avrebbero dato un passaggio.
– Mamma tieni, me l’ha data per te il padre della professoressa d’inglese, è olio che fa lui. Mi ha detto:
“porta cchisto a tua madre, cchè bbono, e non fare la c.ata di tornare in Italia, cché qui è lu posto mijjore au mundo, e sse stai neveddrai gli avvantaggi!”
Certo che andare all’aperitivo di classe, e tornare con la bottiglia d’olio per la mamma succede solo agli italiani, e ammazza la nostalgia.
Grazie alla classe delle bestie, mio figlio potrebbe fare la scelta migliore.