Mentre madre e padre festeggiavano l’anniversario con un weekend in riva all’Atlantico, l’équipe di casa vinceva la terza partita di seguito.
-Mamma! Se battiamo il Tolò I siamo la migliore squadra della regione!
–Wow tesoro, fantastico! Ma io starei ancora ai blocchi, avete giocato solo tre partite su nove, e poi il Tolò non è quello che ve ne ha segnati 11 nell’amichevole?
–Beh, sì, ma da allora ( due settimane fa) siamo molto migliorati!
–Sono molto contenta, ma mi sentirei di suggerire un po’ di prudenza, è già capitato di festeggiare troppo in anticipo, quindi godiamoci il momento e andiamo avanti sereni.
(la serenità dei genitori è data dall’avanzamento in campionato, che comporta una sola partita di un’ora il sabato mattina, e non quattro tempi da 20′ con pause da 15′ che si trasformavano in infinite giornate nel fango a bordo campo)
Ma la vera novità della stagione è l’arrivo di L.
L. è la nostra portiera.
Unica bambina in una squadra di maschi.
L. parte con dei vantaggi, sua sorella maggiore gioca nell’équipe dei più grandi. Il papà le accompagna a tutte le partite e le incoraggia tantissimo, anche quando ha incassato undici gol. Entrambe sono bellissime.
Ma essere l’unica femmina in un team di maschi non è comunque facile, anche a nove anni.
L. ha il suo spogliatoio e come gli altri è tenuta a farsi la doccia dopo la partita.
Ma gli altri sono quattordici, tutti maschi.
In spogliatoio, e sotto la doccia, ne fanno di ogni.
L’allenamento finisce alle sette e dal campo a casa ci sono cinque minuti a piedi.
H. 19,40.
–Sono passate le sette e mezza, e tuo fratello ancora non si vede, secondo te cosa sta facendo nello spogliatoio, la messa in piega?
–Ma no mamma, lo sai come sono i maschi, staranno misurandosi il pisello sotto la doccia, per vedere chi ce l’ha più lungo!
La mia ragazza probabilmente non ci è andata troppo lontana, immaginandosi uno spogliatoio di quattordici novenni che si misurano il pisello, robe normali, innocenti alla loro età.
Ma tutte queste misure una sera hanno un po’ dato alla testa e i ragazzi ne hanno combinata una grossa.
O forse no.
Comunque sono andati ad aprire la porta dello spogliatoio di L., mentre lei si faceva la doccia.
Ora lo scenario che si apre è molto importante, perché davvero tutto sta da come ce la raccontiamo noi adulti. Dalla versione che vogliamo dare ai fatti. E ce ne possono essere tante:
- E’ una ragazzata, hanno nove anni, erano curiosi di vedere una bambina nuda, non hanno fatto nulla di male.
- E’ una ragazzata, hanno nove anni, non considerano ancora le differenze tra maschi e femmine, L. è una compagna di squadra, sono scherzi che si fanno anche tra loro, e l’hanno considerata alla pari con il resto della squadra.
- E’ una cosa gravissima, L. era sola e loro in quattordici (non si sa effettivamente quanti abbiano sbirciato, ma neanche L. poteva saperlo al momento), è una violenza, per questo le bambine dovrebbero giocare in squadre solo femminili, per evitare rischi di questo genere, ora potrebbe essere traumatizzata, il suo papà la deve ritirare.
- E’ una cosa grave, una violenza, a nove anni forse loro non se ne rendono conto, ma è proprio questa l’occasione migliore per insegnarglielo. L. è una compagna di squadra, femmina, e va rispettata e protetta, deve sentirsi al sicuro anche se i maschi sono di più. L. non deve lasciare la squadra, anzi le squadre miste sono un fondamentale momento di crescita.
Noi genitori non ne abbiamo saputo niente fino a oggi.
Immagino quelli di L. sì.
E un pezzo del mio cuore spera che anche quelli dei piccoli responsabili siano stati informati, perché vorrebbe dire che il mio non era della banda.
Ma questo è un brutto pensiero, perché non basta sperare che il proprio figlio non sia coinvolto.
Bisogna come minimo che abbia capito, che sia pronto a mettersi davanti alla porta di L. per impedire che la aprano, che disapprovi quelli che l’hanno aperta, che sia pronto a denunciarli, che si scusi per loro con L., che non consideri neanche l’opzione omertosa. A nove, come a novant’anni, sempre.
E’ il minimo per me.
Sarà la fine dell’innocenza, pazienza, magari lo è stata anche per L. quella porta aperta.
Stamattina è arrivata un’email del presidente del club.
In passato ho avuto i miei dubbi su di lui. Ma stavolta l’ha fatta proprio bene, ci ha messo due settimane a scriverla, forse si sarà fatto aiutare.
Non manca nulla.
Parla di violenza, di ferite e shock, di serietà senza allarmismi, dell’importanza di far riflettere i nostri ragazzi su cosa può significare un tale evento subito da una ragazza durante un momento sportivo, di rottura della fiducia, della necessità di ricostruire un rapporto sano con la compagna di squadra, del ruolo di noi genitori nell’aiutarli a farlo.
Io stasera il mio lo spello vivo, poi vedremo di ricostruire la fiducia.
Perché ci sono dei momenti in cui ai genitori tocca disegnare uno spartiacque tra il bene e il male, che sia chiaro, netto, e definitivo.
Purtroppo non si sa mai quando arriva quel momento, meglio stare attenti, nove anni può sembrare presto, ma non voglio pensare a cosa vorrebbe dire arrivare tardi.