le scarpe son fatte per consumarsi

Un tempo eravamo molto affezionati a quella marca italiana con la foglia d’acero. Era un po’ cara, ma fa dei gran saldi, e poi c’è sempre l’outlet.
Le sue giacce sobrie vanno bene per la scuola, ma anche per la montagna, gli scout, lo sci. Non sono troppo da piccoli, né da grandi. Sono resistenti, arrivano non solo da un fratello all’altro, passando per la sorella, ma in mezzo riescono a fare un giro anche dai cugini e tornare ancora in ordine.
A un certo punto hanno cominciato a vendere anche le scarpe, e ci siamo trovati bene anche con quelle, il modello senza stringhe era il nostro mai più senza, dall’asilo, alle medie.

Un tempo.

Perché un tempo eravamo una famiglia tranquilla, con un vita un po’ frenetica, amanti della natura ma in maniera sobria. Una rustica casa in montagna, ma non certo fanatici sportivi.

Un tempo.

Ma un tempo forse ci mancava qualcosa. Di sicuro ci divertivamo di meno, c’era tempo per annoiarsi.
Perché c’è stato un tempo remoto in cui lui non c’era ancora.

Lui il mio bambino più piccolo.

A cui un mondo non basta.
Per lui qualsiasi cosa è una palla.
E se non c’è una palla c’è un canestro, o almeno una racchetta, o una mazza.
E se la palla non c’è si fa con la neve.
E le gambe son fatte per  muoversi. Anche sotto il tavolo.

E le scarpe son fatte per consumarsi. shoes2
E allora queste qui, le abbiamo comperate a ottobre, e a gennaio sono ridotte così.
Non si possono usare quando piove, dal buco davanti esce il calzino. Il carroarmato della suola è diventato liscio come delle ballerine.

Il primo paio di stringhe è durato un mese, perché non c’è tempo per allacciarle, si rischia di perdere la partita, e gioca che ti rigioca con le stringhe sotto la suola, alla fine ne resta davvero poco. Queste rosse sono un cordino da montagna, dovrebbe essere dei più resistenti, si fa fatica ad annodarlo, ma noi sappiamo sconfiggere anche quello: smembrato in un mese.

 

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Io non se è vero che la qualità peggiora, che non fan più le scarpe di una volta.

Oppure se è la vita del villaggio che ha regalato la libertà al mio ultimogenito.

Spero lo stato delle sue scarpe sia inversamente proporzionale alla felicità del mio bambino, e son ben più contenta di spendere soldi in scarpe che in medicine.

Intanto mi ricordo una lettera di mia nonna a mio nonno rimasto in città a lavorare, mentre lei se la spassava con quattro figli in una baita senza acqua corrente. Gli dava notizie dei figli così:

Son sempre in giro a consumar scarpe.

 

 

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