Reduci dalle nostre due settimane milanesi, siamo tornati a respirare l’aria pulita della Confederazione, dove l’autunno ha una luce pazzesca e colori che non ci si crede.
In questa terra nota per precisione e regolamenti i bambini, con qualsiasi tempo, scorazzano liberi e selvaggi per le strade del villaggio.
Soli o a piccoli gruppi vanno e tornano da scuola, al parco giochi, a trovare un amico, all’allenamento di calcio, e alla lezione di pianoforte.
Dai nove anni hanno anche il permesso di prendere l’autobus senza accompagnatore.
Per chi abita più lontano c’è il pulmino, fino ai dieci anni, poi tutti sul bus di linea, che a quell’ora fa delle corse speciali con degli autisti che hanno fatto un corso per accompagnare gli studenti.
Sulla strada da scuola possono succedere un sacco di cose, ci si ferma a carezzare un gatto, si raccoglie un sasso, ci si invita a giocare, magari si litiga, ci si tira palle di neve.
A volte qualcuno da fastidio a qualcun’altro, che lo racconta alla mamma, e lei lo scrive alla maestra, che la mattina dopo ne parla con la collega dell’altra classe, e all’intervallo i diretti interessati sono convocati per una lavata di capo che chiude definitivamente la faccenda. Se dovesse risuccedere finirebbero dritti dal direttore, e la cosa fa sufficientemente paura.
Finire dal direttore è la cosa peggiore che possa succedere, prima della convocazione dei genitori.
A parte quella volta che è venuto il capo supremo dell’azienda trasporti ad ammonire in classe, annunciando che se certi comportamenti si fossero ripetuti, qualcuno avrebbe perso il diritto di prendere il pulmino.
Era successo che nel tragitto ci si diverte parecchio, e qualcuno si era divertito anche con una pallina, che come fanno di solito le palline, rotola, e questa particolare pallina era rotolata fin sotto il pedale del freno, e il guidatore non aveva potuto evitare di finire con tutto il bus contro la rete e dentro il parco. Tutto bene, quel che finisce bene, ma la faccenda era seria e non andava sottovalutata.
Ora, a parte questo episodio increscioso, qui davvero i bambini vanno dappertutto da soli, se la scuola non è lontana già dai sette anni. Attraversano strade dove le macchine si fermano sempre alle strisce pedonali.
Seguono marciapiedi colorati che indicano il percorso giusto fino alla scuola.
Trasgrediscono attraversando campi o giardini privati i cui proprietari telefonano alla scuola o mettono cartelli per protestare.
Devono fare attenzione a prendere il bus giusto, ad avere l’abbonamento o le monete per il biglietto, a scendere alla fermata.
A stare sulla pista ciclabile, a mettere il casco, e a legare bene la catena al portabici davanti a scuola.
Chi sta in quartieri più trafficati si affida al pedibus per essere più tranquillo quando ci sono grandi strade da attraversare.
Non che i genitori siano esentati dal ruolo di taxisti. Ci sono sempre le partite di calcio in paesini sperduti il sabato mattina. Le feste di compleanno. Le lezioni di musica e la piscina.
Ma a nessun ministro è venuto in mente di dire ai genitori che devono andare a prendere i ragazzi a scuola.
Perché qui c’è lavoro per tutti, anche per i genitori.
E perché i programmi per la mobilità dolce sono una cosa seria, al lavoro si va in bici, in treno, in bus, in metro.
Non è pensabile avere file di macchine davanti a scuola a tutte le ore, guidate da gente che smette di produrre per fare da scuolabus.
Ora abito qui da troppo poco tempo, per poter dire se i ragazzi crescono più indipendenti, se sono complessivamente più in gamba. Di certo il mio terzogenito è più ribelle dei suoi fratelli che sono stati accompagnati tutte le elementari, ma questa è un’altra storia.
Di sicuro fa effetto pensare a tutti gli stereotipi con cui siamo soliti dipingere la Svizzera, paese ordinato, precisa, controllata, regolamentata, in orario. E poi vedere orde di bambini che si attardano, liberi e selvaggi, sulla via della scuola.
Mi chiedo davvero Sono Pazzi Questi Svizzeri? O è il mio Paese che sta perdendo la biglia?
#scuola #tornoacasadasolo #indipendenza
Barbara
A tal proposito, vorrei segnalare l’ultimo articolo di Alberto Pellai:
http://albertopellailibri.it/2017/10/30/seconda-lettera-per-la-ministra-fedeli-il-mio-motto-e-piu-biciclette-e-meno-smartphone/