Quando poco più di un anno fa avevamo dovuto trovar casa, eravamo ormai degli esperti della ricerca on-line.
Dopo tanto pendolarismo avevamo fatto simulazioni di geografie familiari in ogni luogo. Scandagliare i siti delle immobiliari era diventato il nostro sport preferito, un videogioco da cui eravamo entrambi dipendenti e in cui convogliavamo parecchie delle nostre ansie un antidoto alla fatica della vita separata.
Condividiamo l’amore per le vecchie case, una passione irrazionale, che travalica i confini delle nostra professione ed è un pilastro del nostro matrimonio, (si sa ognuno ha le proprie perversioni). Ci mandavamo gli annunci per email:
– Hai visto questa? Che belle finestre!
– Anche questa, guarda che belle pietre in facciata!
Siamo andati avanti così per parecchio, anni, immaginando una vita tutti insieme, quasi patologici.
Poi la faccenda si è fatta seria: dovevamo decidere veramente.
A me è toccato rompere l’incantesimo ed entrare a gamba tesa con una lista di argomenti concreti.
Ho stabilito che no, non avremmo comperato una meravigliosa ed enorme fattoria spersa su per i bricchi, perché io da sola a Novembre rischiavo di impiccarmi alla trave del fienile, volevo che i ragazzi potessero muoversi in autonomia come a Milano, e oltre a non voler fare la tassista, volevo poter lavorare, dove ancora non si sapeva, ma non in una stalla.
E no, non avremmo comperato, perché chissà come e quanto staremo qui, e per ora di vendere la casa di Milano non se ne parla neanche, finché restano i nostri inquilini, va bene così.
Abbiamo quindi cercato in affitto, in città.
Ci siamo dovuti però presto arrendere all’evidenza che, a meno di non mettere i ragazzi testa piedi in un solo letto, non avremmo più abitato in centro come eravamo abituati.
A quel punto abbiamo tentato il cambio di prospettiva, e ho trovato lei:
era lì che ci aspettava, era perfetta, un po’ piccolina, ma a 12 minuti di treno dal centro, la fermata dell’autobus davanti, scuola, campo di calcio, panettiere a pochi metri…
ma soprattutto c’era lui: il giardino.
Non grande, ma quanto basta per mangiare fuori, metterci la porta di calcio e fare un micro orto aiuola.
Chi non ha mai sognato una casa col giardino?
Ed era lì da più di cento anni, non dovevamo neanche sentirci in colpa di aver consumato suolo.
Non c’è stata gara, la nostra vena romantica ha vinto, e abbiamo fatto il passo più lungo della gamba.
Perché qui il giardino si tiene curato più che il salotto buono, mancano solo le plastiche sui divani, e non si possono neanche chiudere le finestre, lo vedono tutti, dal sindaco al padrone di casa.
E noi animali urbani non gli stiamo dietro.
Ci abbiamo provato, sempre presi da romanticismo abbiamo comperato un tagliaerba manuale e abbiamo offerto ricompense ai ragazzi. Abbiamo fatto l’aiuola delle aromatiche e ci abbiamo messo una zucca e due pomodori. Abbiamo trasportato a spalle un barbecue in ferro arrugginito che poi si è rivelato Made in Italy.
Ma la situazione ci è sfuggita di mano. Complice la primavera particolarmente piovosa tutto è cresciuto continuamente e a dismisura.
La vite del Canada, che tanto ci aveva affascinato coi suoi colori autunnali, una di queste notti ci strangolerà nel letto. La tagliamo e rientra dalle finestre, avvolge le persiane nel tempo di una giornata.
L’erba del prato sembrava stentare, ci siamo sentiti in colpa per non averla tagliata in autunno, ci ha ricompensato crescendo mezzo metro.
L’insalata si è inglobata la zucca, che si è vendicata avvolgendo la maggiorana. Il pomodoro ha raggiunto il metro e mezzo di altezza e ha dieci frutti verdi di un centimetro.
Ma chi ci ha completamente sopraffatto è il bambù, non c’è verso di domarlo, non vedo più fuori della finestra, ha raggiunto i dieci metri, tocca i cavi della luce, si è inghiottito le biciclette, ruba i palloni.
Mio figlio minore come soluzione ha proposto di adottare un panda, faremmo una buona azione e risolveremmo il problema bambù, di notte potrebbe dormire con lui e non disturberebbe nessuno.
Noi più banalmente abbiamo chiesto aiuto, al nostro bizzarro padrone di casa.
Ieri mi si è presentato con il signor E. dicendomi che sarebbe venuto lui a occuparsi del giardino.
Avevo già visto il signor E. in giro per il paese con il suo motorino. Si occupa di molti giardini. Avevo pensato che vivesse nel bosco e appartenesse alla famiglia degli gnomi, ma fosse cresciuto un po’ troppo. Età almeno 285 anni.
Ho scoperto invece che abita sul pianerottolo della nostra maestra di piano e che ha un serio problema con l’alcol, di qui il naso rosso e l’andamento sghembo. Io continuo a pensare agli gnomi della foresta.
Fatto sta che in questo momento il signor E. si aggira per il giardino, roteando un decespugliatore a velocità impensabile, decisamente brillo.
Nella sua lingua della foresta mi ha detto che il giardino è disgustoso,- spero che le sfumature qui siano più lievi- e che domani ha bisogno di molti sacchi neri per raccogliere quello che ha tagliato.
Non l’ho ancora visto affrontare il bambù. Non scommetto su chi sopravviverà.