Qui dalle nostre parti l’integrazione procede a salti e balzelloni a tutte le età.
Io scopro ogni giorno di più quanto sia fondamentale il ruolo di educatori e insegnanti e quanto faccia la differenza il fatto che siano formati e preparati per educare tanto quanto per trasmettere delle nozioni.
Qui gli insegnanti stanno in cattedra quando serve, ma scendono spesso, per giocare a palle di neve, sciare coi propri allievi, arrampicarsi nel bosco, inventarsi una caccia al tesoro, cantare nel coro e se è il caso intervenire negli scambi tra ragazzi.
Sono sicura che stare nel mezzo più che in cattedra sia ciò che permette alle nostre maestre di non perdere un colpo e di correggere la rotta quando serve coi tempi rapidi e le maniere dirette dei bambini.
Ogni venerdì la classe di mio figlio minore fa un dettato sulle parole nuove imparate durante la settimana. Il mio bambino, fino a quattro mesi fa allievo brillante in Italia, qui fatica ad accettare di fare degli errori in francese e di non prendere il massimo dei voti. Ogni settimana porta a casa un risultato che per me è strabiliante e per lui insoddisfacente.
La situazione è poi peggiorata dal comportamento di G, il nostro incubo, il compagno che prende sempre bei voti, sa pattinare benissimo perché gioca a hockey, e alla ricreazione nega la partecipazione ai giochi: “perché tu non capisci le regole”.
Io non mi sono troppo preoccupata di G, perché la prima settimana di scuola, quando ancora andavo all’uscita, la piccola E con il suoi lunghi capelli d’oro e grandi occhi blu, mentre si incamminava con il mio T, mi ha spiegato che lei non si sarebbe mai fidanzata con G, perché lui è trop de petite taille.
Purtroppo però a sette anni le lusinghe femminili non bastano a rinsaldare l’orgoglio, quindi G resta un problema.
Finalmente questa settimana la geniale maestra J ha deciso che quando è troppo è troppo e che questa storia doveva finire.
Quindi con prontezza di spirito, creatività e un piccolo colpo di genio, ha messo in atto due operazioni, che hanno svoltato la faccenda:
1. durante la ricreazione all’ennesimo rifiuto di spiegare a T le regole di un gioco, J ha illustrato a G le regole di un complicato gioco IN ITALIANO ( mamma J lo parla benissimo!) e poi davanti a tutti gli ha chiesto se aveva capito, ovviamente no.
2. alla fine del dettato di ripasso degli ultimi tre vocabolari, un po’ più difficile del solito, T aveva fatto cinque errori (una meraviglia secondo me) ed era abbacchiato. G se ne era accorto e lo aveva deriso. J interviene all’istante e detta al simpaticone una frase in italiano, la corregge e trova diciotto errori.
Punto a capo faccenda chiusa.
G alla fine dell’anno si trasferirà e speriamo trovi un’altra maestra J che lo aiuti ad inserirsi.
Nella scuola italiana i miei figli erano stati piuttosto fortunati e avevano avuto delle fantastiche maestre. Ciò che qui è diverso è che la capacità di mettersi in gioco non è lasciata al talento o alla disponibilità del singolo insegnante, ma è parte integrante del loro mestiere – devono formare delle brave persone- e della loro formazione – glielo insegnano a scuola.
Per curiosità sono andata a vedere come funzionano qui le scuole per insegnanti e ne sto trovando delle belle, ne parliamo un’altra volta.