La mia bambina piccola ha sempre amato risolvere i problemi. La prima volta che me ne sono accorta, non sapeva quasi camminare. Io ho detto un generico “ho freddo”, e lei è arrivata caracollando con una coperta molto più grande di lei. Ho pensato fosse un caso. Qualche mese dopo, si è presentata con la sua tazza e un pezzo di scottex: “Ho rovesciato il latte. E l’ho asciugato”.
Non che non faccia i capricci, o non si perda in un bicchier d’acqua, o non sprechi interi pomeriggi a decifrare di malavoglia una frase di analisi grammaticale. Ma, se può, quando può, ama sciogliere nodi, trovare soluzioni.
Stamattina, ormai giunta alle soglie dei dieci anni, ha finito di svuotare la lavastoviglie (naturalmente obbligata da me) e, disincastrando una pentola messa male, ha detto: “Houston, abbiamo risolto un problema!”
Mi si è scatenata dentro un’ondata di insano ottimismo: con questa indole, con questo atteggiamento positivo, riuscirà a cavarsela nel mondo sempre più complesso che la aspetta. E ho fatto un pensiero sull’educazione quotidiana: oltre a spronarli, indirizzarli, assecondarli, ascoltarli, sgridarli, rassicurarli, proteggerli, bisognerebbe aiutarli ad affrontare le sfide con il sorriso, coltivando la sicurezza, il piacere di farcela. Dentro, c’è tutto: il pensiero laterale, la creatività, l’attenzione per chi ci circonda, l’allenamento dell’intelligenza, l’autostima, la determinazione, il coraggio, la volontà di migliorare, per se stessi e per gli altri. Un ottimo investimento per il futuro. Di tutti.