Oggi racconto una storia triste.
Mi scuserà chi non ne ha voglia, non ne farò un’abitudine, ma credo sia una storia che vada raccontata.
La ragione più forte che ha fatto nascere Faccio Quello Che Posso è accorgersi che siamo in tanti a essere soli, quindi è sciocco non condividere e sostenersi, soprattutto nei momenti tristi.
Sono anche sicura che la tristezza vada accolta e rispettata, lo pensavo prima che ce lo dicesse la Pixar, ma credo che spesso sia meglio non farlo in solitudine.
FQCP cerca a suo modo di offrire un servizio e io so che là fuori c’è chi ne ha bisogno.
La storia triste è quella dei bambini meteora.
I bambini che vengono a mancare prima ancora di essere stati abbracciati o che passano qualche istante nelle nostre vite e lasciano un enorme vuoto nei cuori di mamme, papà e fratelli, grande quanto l’amore con cui sono stati attesi.
È un lutto spesso incompreso, di cui si parla troppo poco, ma che cambia la vita di chi resta.
A noi lo ha fatto, ancora a quasi venti anni di distanza.
E anche a Claudia Ravaldi e Alfredo Vannacci una coppia di medici che nel 2006, dopo aver perso il loro secondo bambino, hanno fondato l’associazione Ciao Lapo.
Da dieci anni Ciao Lapo lavora per riempire il doppio grande vuoto in cui si ritrovano le famiglie che hanno perso un figlio, quello personale, che l’associazione accoglie gratuitamente in molti modi, con gruppi di supporto, forum, lavoro di volontari, ma soprattutto il vuoto scientifico e sociale.
Per questo secondo lavoro io sono loro particolarmente grata, perché anche chi ha gli strumenti e le risorse per elaborare il lutto o la capacità di chiedere aiuto, rimane comunque inerme di fronte alla rozzezza e all’impreparazione del personale ospedaliero, all’incomprensione di chi ha accanto, all’ignoranza dei più.
Una frase di troppo, una battuta che vorrebbe sdrammatizzare, un protocollo ospedaliero che alloggia insieme le puerpere e chi ha partorito un angelo già volato in cielo, sono sale su una ferita aperta. Tutto dolore, inutile, che entra nella carne e si somma alla perdita e rende più difficile, a volte impossibile, uscirne.
Uscirne per me vuol dire trovare un modo di convivere con la perdita, fare spazio, se lo si desidera, per altri figli che siano liberi dal peso del lutto. Se non lo si elabora è quasi impossibile restare sani. Ma con il giusto sostegno si può andare avanti e accogliere di nuovo la vita, tre bei bambini sani.
Ogni anno nel mondo 15 milioni di bambini nascono prematuri, circa 50.000 in Italia, 15.000 in Europa, non tutti sopravvivono.
Il lavoro da fare è tanto, culturale, scientifico, politico. Ciao Lapo sta lavorando perché un protocollo ospedaliero sul lutto perinatale, già adottato in molti ospedali d’Europa, divenga prassi anche in Italia, sta sostenendo un progetto di legge, animando il dibattito scientifico con numerosi congressi, e adesso sta realizzando anche un film.
Koi è un cortometraggio sul lutto di un padre, realizzato da Luigi Barbato dopo la perdita di suo figlio Samuele.
Il lutto dei padri è ancora meno compreso di quello delle madri, ancora più nascosto nei loro sogni, ancora più subdolo nel nascondersi e agire silente per anni, intrufolandosi nell’intimità della coppia. Gli uomini fanno più fatica a chiedere aiuto.
Ecco la mia storia triste. Non ho voglia di dire di più, di entrare nei dettagli.
Ma volevo dirlo a chi là fuori sta soffrendo, o sta evitando di farlo.
Non restate soli, non lo siete, si può trovare aiuto anche senza esporsi.
Vi sentirete incompresi, sono in pochi a capire, ma chi può lo fa fino in fondo.
Per andare davvero avanti non si può evitare il dolore,
non si può nasconderlo in un armadio,
ma se camminiamo insieme a lui, pian piano anche la gioia tornerà a farci compagnia.