Oggi FQCP è un po’ in affanno.
Sarà che nevica ma non troppo, giusto quel tanto da bagnare i prati ancora verdi e le zampe dei gatti quando rientrano dalla passeggiata notturna.
Sarà che non ho ancora metabolizzato tutte le cose belle successe in vacanza e mi ero ripromessa di scriverne settimana scorsa, e quando sono in ritardo sulle scadenze che mi do da sola mi sento ancora peggio.
Saranno le tristissime elezioni americane, o ancor peggio il nostro referendum, che non ci sono ancora arrivate le schede e posso tenere la testa sotto la sabbia ancora qualche giorno.
Sarà che qui è stagione di tasse e quest’autunno abbiamo fatto un po’ le cicale, accetta un invito qui, approfitta di una casa vuota lì e torna una volta in più a Milano a recuperare il gatto Tempesta, che la nonna a sua volta aveva recuperato in montagna, dopo che lui aveva deciso di sparire al momento della partenza, (ma questa è una storia che merita uno spazio tutto suo).
Fatto sta che anche qui in Svizzera novembre non arriva in allegria.
Ieri mi sono sforzata di reagire, ho fatto la zuppa di zucca, il risotto giallo e le castagne che mettono buon umore, addirittura la focaccia di segale che fa tanto bene.
Poi però mi sono ricordata, e non so come avevo fatto a non pensarci prima.
Il cinque novembre di diciannove anni fa nasceva, troppo presto, veramente troppo presto, il mio primo bambino.
Il mio bambino che è vissuto per pochi respiri e ancora oggi parlarne mi fa riempire gli occhi di lacrime.
E però non mi arrendo e ogni anno non mi concedo un momento per essere triste e basta.
Mi sembra di fare un torto a tutta la gioia che è arrivata dopo.
Ai miei figli che sono nati al momento giusto, sani e forti, a novembre, a ottobre, a settembre, e hanno riempito questa stagione di compleanni.
E così la tristezza si infila nella prima settimana di novembre e resta lì, fino a che non mi decido a farle una carezza.
Poi quando, finalmente, mi siedo e mi faccio il mio piantino, arrivano tutte le cose belle delle ultime settimane e mi abbracciano.
E tra queste c’è l’incontro con Giuliana, un caffè al bar vicino all’asilo, le nostre lacrime che si mescolano, -già la prima volta? La prossima sarà meglio vedersi davanti a un bicchiere di vino – ma soprattutto c’è il suo piccolo, che davanti a scuola mi dice:
–Ciao io mi chiamo M.
E anche lui è nato presto, ma se ne sta lì con il suo sorriso sghembo dei bambini piccoli che hanno imparato a salutare da grandi. E questa è la loro storia e sarà Giuliana a raccontarla se vorrà.
Ma a me sapere che M. è nato nello stesso ospedale e ora se ne va in giro per il mondo per mano alla sua mamma, fino al nostro asilo, mi fa pensare che le cose in fondo migliorano e la vita va avanti e d’ora in poi nella prima settimana di novembre voglio pensare a lui.
Giuliana Arena
Cara, quello che scrivi è veramente bellissimo. Ed è strano pensare che, in mezzo a tante persone che si incontrano, in qualche preziosa e rara occasione, si trovino sintonie così, percorsi che si intrecciano in mille modi, infinite cose da dirsi e quindi sì, un bicchiere di vino è il minimo la prossima volta.
A volte trovo profondamente ingiusto che la mia esperienza di prematurità si sia conclusa così, con quel piccolo miracolo di nome M. Mi capita di sentirmi quasi in colpa, perché non ho meritato quella fortuna, mi è toccata e basta. Però, se questo novembre tu hai pensato alla mia storia e questo ti ha fatto sentire un po’ meglio…allora sì, un qualche senso, misterioso, deve averlo. Un abbraccio grande! G.
Alessandra Spada
Io credo che tutto abbia un senso, il difficile è vederlo nel momento in cui succede. Il mio bambino che non c’è ha dato forma alla mia vita almeno quanto quelli che ci sono. E mi piace pensare che abbia guidato i miei passi e condotto certi incontri, di sicuro il nostro. Ogni volta che io vedo qualcuna riuscire dove io ho fallito, sono felice, davvero, sento che la staffetta continua e va sempre più avanti. Mi è successo da poco con la mia amica S., tre figli anche lei, da qui ha vinto un bel posto in un’università straniera e mi son sentita orgogliosa come fosse mio. E così incontrare te, e M., è stato davvero un regalo, solo tanta gioia, nessuna ingiustizia.
Ora smettiamola che se no le lacrime non si contano e il bicchiere di vino non posso mica farmelo da sola prima di mezzogiorno!