7. Qualcosa non torna.

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A questo punto i sogni nella testa della ragazza si erano ristretti parecchio.
Si erano fatti piccini piccini, perché quasi tutto lo spazio era occupato dalle preoccupazioni.

Se ne stava lì da sola nello studio medico con il dottore che chiaramente non credeva che fosse possibile che lei fosse così incinta e che nel suo utero ci fosse una spirale che lui non vedeva. Forse questo metteva in crisi le sue convinzioni scientifiche. Forse lei non sembrava affidabile, con quell’aria di una che torna dalla spiaggia. Ma lei non aveva neanche voglia di stare a insistere. Lei voleva la sua dottoressa. O comunque una dottoressa, che tra donne ci si capisce.

Tornata a casa parlò al telefono con sua madre. A quel tempo lei non aveva un telefono cellulare, ma la sua mamma sprint sì.
Alla fine non aveva voluto che venisse a prenderla all’aeroporto. Non voleva rovinarle le vacanze. Ti raggiungo al mare io. Le aveva detto.

Andrà tutto bene, credeva.
Ora però tutta quella fiducia cominciava un pochino a sgretolarsi, e lei si sentiva sola.
Non sapeva quanto ci si sarebbe sentita nelle settimane a venire.

Intanto però gli ormoni facevano il loro lavoro. Il suo piccolo cresceva. E lei si sentiva in missione per la vita.
Ora doveva trovare un medico di cui fidarsi, preferibilmente una dottoressa. E tutti sembravano in vacanza.

Al telefono sua madre le aveva detto che forse era in città la bravissima ginecologa, quella che aveva fatto nascere la sua figlioccia nonostante una gravidanza veramente a rischio.
Una telefonata e l’appuntamento è preso.

Nel frattempo lui stava facendo il suo ultimo viaggio in moto da single. All’avventura verso nord. Un posto ponte quando lo trovava. E sarebbe arrivato in città in tempo per l’appuntamento.

Dalla spirale fino ad allora nessuna notizia.

segue

 

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