Mentre mezza Italia parte per le vacanze, noi rientriamo.
Da quando siamo emigrati questa faccenda del partire e tornare mi si è tutta scombussolata e mi sa che non tornerà più a posto.
Per me tornare è sempre e comunque tornare in Italia, anche se dormiamo accampati dalla nonna e a casa nostra stanno tre bravi studenti, (che speriamo restino a lungo).
Ma stavolta non posso negare che arrivare in questa casetta che non è più sconosciuta, al centro del villaggio, col giardino, l’orto anarchico che ci ha regalato dei pomodori alti tre metri e una zucca – non ero mai riuscita a far nascere una zucca!!- non è stato così male.
Vivere in un bel posto aiuta, abitare fuori città ha i suoi vantaggi, se le tue vacanze finiscono quando cominciano quelle degli amici, guardare il Monte Bianco di là dal lago è una bella consolazione.
Una cosa che mi faceva paura della nostra emigrazione di lusso è che comunque, se resteremo qui abbastanza a lungo, le memorie dei miei figli saranno diverse dalle mie, le loro radici saranno altrove.
Prima ancora che vadano per il mondo, tra me e loro ci sarà una distanza, che è quasi una frattura anche tra il più piccolo e il maggiore, mi dicevo.
Poi ci sono state queste fantastiche vacanze all’incontrario, al posto di partire per vedere il mondo, siamo tornati a casa.
Se dovessi fare un riassunto della nostra estate, direi: quello che conta sono gli amici!
Grazie a un’amica della nonna, che si è fidata a ospitarci, abbiamo passato dieci giorni meravigliosi a mollo nel mare di Sardegna.
E visto che è l’estate degli amici e l’universo era dalla nostra parte, abbiamo recuperato tutta la vita sociale che ci era mancata nel lungo inverno svizzero.
Senza avere organizzato nulla prima, nel raggio di pochi chilometri e nel tempo di pochi giorni abbiamo ritrovato legami di antica e nuova data, compagni di scuola e di vita per tutte le età.
È stato tutto un commuoversi e divertirsi, ché erano passati anni e sembravano minuti, e dopo l’ultimo bagno insieme, si restava a cena, e a dormire ci si scambiava i figli per età, per prolungare il gioco ancora un po’.
E poi è venuta la nostra montagna e la nostra casa che, anche se l’abbiamo
trascurata, ci ha accolti tutti nel suo ruvido abbraccio, ché i playmobil nel trasloco sono andati ad abitare lì e se piove ci si può passare una giornata.
Ci hanno raggiunto i nostri nuovi amici tedeschi, quelli della folle settimana bianca.
Sono scesi a Pisa in aereo e hanno affittato una Panda, in cinque, e il loro figlio adolescente è più lungo del mio e quando esce dalla macchina è tutto accartocciato, e i loro gemelli identici hanno cinque anni e parlano tedesco con tutti, come se la lingua non fosse mai un problema.
E in effetti è vero, perché dopo la prima sera il mio settenne bilingue ha cominciato serenamente a chiamare gli amici dicendo: “Komm, komm!”, come se non avesse mai parlato altro in vita sua e gli piaceva da pazzi averne due uguali pressapoco della sua taglia.
Abbiamo scarpinato su e giù per i bricchi, fino a che non mi facevano male anche le radici dei capelli.
E in cima a un passo, a un antica festa walser in cui si rincontrano ogni anno gli abitanti dei villaggi dei versanti opposti della montagna, noi abbiamo trovato un collega conosciuto da poco, ma che da quarant’anni ha casa a pochi chilometri da noi e ci va coi suoi quattro figli.
Mentre ci portava a mangiare in casa di una pastora sull’alpeggio, tra toma e polenta, abbiamo preso appuntamenti per l’autunno e l’inverno. Così anche la nostra valle sperduta si è rivelata un luogo pieno di socialità.
Ci sono stati poi gli amici che hanno scavalcato la montagna in funivia per venire a mangiare e bere insieme a noi e ancora un ritrovarsi e lasciarsi promettendosi di rivedersi presto.
E ora che mi ritrovo sola per qualche ora, finalmente con una connessione veloce, mi sembrano passati mesi, mentre erano solo settimane.
Mi rimane il magone per quelli che quest’estate se ne sono andati, le cose terribili che succedono ormai dappertutto. Ma tutto questo trambusto di navi, aerei, funivie dell’ultimo minuto per stare insieme ad amici vecchi e nuovi, ci ha rinfrancati, perché quest’anno ogni amico ritrovato valeva doppio, per la paura che avevamo di non ritrovarli più.
E credo che questi ricordi insieme ai miei figli contino per loro almeno quanto il luogo in cui viviamo. E una terra in cui arriviamo e troviamo i compagni di scuola di tutti, sarà sempre anche la loro.
Così di quest’anno da emigrati mi rimane la risposta che ho dato d’istinto a un amico davanti a un bicchiere di mirto. Anche loro stanno affrontando la scelta tra una vita di pendolarismo o di migrazione con tre figli, quindi con particolare interesse mi ha chiesto:
– Ma tu sei contenta?
– Contenta non lo so. Ma so di avere fatto la cosa giusta.