Tutti gli anni mi dimentico della festa della mamma,
tutti gli anni è vicina al mio compleanno, e di solito vengo assillata da domande tipo,
–Ma cosa vuoi per il tuo compleanno? Dai scegli un regalo che se no poi sono nei guai.
Crescendo però i miei figli si sono sottratti a questo gioco.
Ora si divertono a pensare una sorpresa per me, anche se ancora la fattibilità dell’impresa non è altissima. Di solito si mettono d’accordo solo il giorno prima e ci rimangono male se non trovano quello che volevano.
Ultimamente li ho visti però fare in grande anticipo ordinazioni clandestine e complicatissime, all’occupatissimo genitore, che poi tornava a chiedermi,
– Ma davvero vuoi questo super arci enorme frullino che fa gli spaghetti di verdura/ gelatiera professionale/ estrattore di succo da bar?
No, effettivamente no.
Desidererei di più un nuovo e morbido accappatoio e il tempo per farmi un bagno, magari profumato, vanno bene anche gli olii essenziali e un week end solo per me.
Oppure dei pennelli per gli acrilici. O qualche martedì libero per andare alla giornata del ritratto dell’accademia di disegno, o a una lezione in più di yoga.
Sì forse, come sempre, vorrei del tempo libero.
Ma mi commuove comunque che i ragazzi ci provino, e non mi dispiace del tutto che mi vedano come vivandiera. Non è così lontano dalla realtà.
E non posso proprio offendermi, ho anche origliato fondamentali discussioni, se fosse o meno il caso di regalarmi qualcosa che serve per fare da mangiare, o se no, invece era meglio qualcosa per me e basta,
-ma se però le regali qualcosa che fa più veloce da mangiare, poi ha più tempo per fare quello che le piace,
– ma a lei piace fare da mangiare,
– sì ma si stufa anche.
– sì va beh, perché lo deve fare sempre.
E mentre c’è chi dibatte e si serve del mio compleanno per farsi delle idee sulla vita, qualcun altro zitto zitto fa il lavoretto a scuola.
E visto che qui la scuola è veramente avanti, intanto impara a usare la macchina da cucire, e a scrivere messaggi d’amore nella lingua più romantica del mondo.
Poi arriva con la sua solita urgenza, che una vita a lui non basta:
– Mamma ecco! è per te, apri.
– Ma grazie tesoro, ma per che cosa?
–Per la festa della mamma!
–Ma è fra quattro giorni, o no?
–Sì, ma io non ci sono.
–Come non ci sei?
–No sabato ho la partita di calcio e poi vado via coi lupetti, quindi non ci sono.
– Beh, amore spero proprio che tu ci sia almeno a dormire, ma comunque se sei proprio sicuro che io lo debba aprire adesso che siamo soli io e te, allora io lo apro.
–Sì! Dai, apri.
Allora io ho aperto, e come da copione, mi sono commossa, perché ormai scrive benissimo una lingua in cui ancora inciampo, e per sempre conserverò le parole di questo bambino francofono che abita dentro la pelle del mio.
Perché ovunque lui disegni, ci mette una faccia con un’espressione che per me è solo sua.
Perché con la macchina da cucire, c’è stato un piccolo problema, ma quei grovigli di filo sul retro del lavoro a me lo rendono ancora più speciale. E ha imparato a cucire dritto e a zigzag, e mi sembra una cosa bellissima, che mi fa pensare che potrà cucire lui le sacchette per l’asilo dei suoi figli, e questo davvero è un piccolo passo per un bambino, ma un enorme passo per l’umanità.
Perché accipicchia, sarà anche una festa commerciale, ma questo è l’ultimo bambino che mi resta, e mi voglio godere ogni minuscola lacrima di commozione.
Fra poco non ci sarà più nessuno a dirmi che sono la mamma migliore del mondo.
Dovrò accontentarmi di essere la peggiore che potesse loro capitare.