Qui a nord delle Alpi è settimana di esami.
Ce n’è per tutti, prove cantonali di riferimento, francese, tedesco, matematica. Ogni due anni si fanno dei test, che per i più piccoli contano come un normale compito in classe, ma servono d’allenamento e da verifica per il Cantone sul livello dell’insegnamento. Per i grandi determinano il 30% del voto in pagella.
In casa nostra, considerato che abbiamo cambiato lingua otto mesi fa, non possiamo pretendere moltissimo, se non che ciascuno faccia del proprio meglio, almeno per capire come siamo messi.
Secondo me fare del proprio meglio si riduce a due cose: allenarsi ed essere concentrati.
Sul concetto di allenamento mi scontro coi miei figli dal primo giorno di scuola. Dotati tutti e tre d’intuizione e mente pronta, sono abituati a riuscire rapidamente o a perdere la pazienza.
Per loro temperamento, piuttosto che insistere, si scoraggiano: “ecco vedi non sono capace, non ho capito niente!“, dopo circa mezzo minuto davanti alla pagina.
Per fortuna dopo anni di insistenze, dimostrazioni pratiche, rassicurazioni e rimbrotti, l’idea che l’impegno conti almeno quanto il talento, comincia a essere accettata.
E per fortuna siamo riusciti a passare da: “Non sono capace” che abbatte e demoralizza, a ” Non ho studiato abbastanza”, che ammette infinite possibilità di recupero.
Sulla concentrazione invece ho vita davvero dura.
Le menti creative che ho messo al mondo, volano felici da un pensiero all’altro, tutti molto interessanti, a cui di solito segue una domanda, a cui tutti gli altri si sentono in dovere di rispondere e partecipare al dibattito con altre dodici domande e alla fine o si arriva alla rissa, o ci si ritrova ben lontani da dove si era cominciato e dall’esercizio da risolvere.
Quando siamo tutti in casa non c’è possibilità di silenzio, a meno che le teste non siano sprofondate in un romanzo.
Per me è un momento magico, c’è pace e anche condivisione, perché la passione per la lettura ci unisce e ritrovarci nel lettone ciascuno con il proprio libro è il massimo del vizio, quando il papà è via.
Ora però sta prendendo una piega non proprio sana, e la colpa è indubbiamente mia.
Io quando mi appassiono a un libro devo finirlo, anzi anche se non mi piace troppo voglio finirlo alla svelta per levarmelo dai piedi.
Sono una lettrice ossessiva e bulimica, per fortuna molto dormigliona per cui la sera a un certo punto crollo.
Nel tempo della lettura i personaggi della storia vivono con me e mi insegnano un sacco di cose, mi camminano accanto e mi fanno compagnia, ma mi sollevano anche un po’ dalla realtà, mi muovo come sospesa di qualche centimetro, non del tutto presente.
Ecco, nel caso dei miei figli quel centimetro diventa parecchi metri da terra e vi si aggiungono comportamenti asociali al limite dell’aggressività contro chiunque si ponga tra loro e il capitolo successivo. Ogni ragionevolezza è persa, fino alla fine del volume. Poi subentra la tristezza, perché è finito.
Mio figlio maggiore è stato il primo a dare segnali di tale patologia ereditaria. E’ caduto dentro Harry Potter a otto anni e non ne è più uscito, ci chiedevamo spesso, se fosse a casa o a Hogwarts. Ora che è un adolescente spilungone, spesso e volentieri si ritira sul letto con un serio librone.
Pensavamo che fosse una sua peculiarità, i suoi fratelli hanno sempre letto ma in maniera meno ossessiva e più interattiva.
Poi quest’anno, complice probabilmente la nostalgia della loro lingua, uno dopo l’altro sono caduti anche gli altri due preda della febbre da romanzo.
Tutta colpa di Divergent, letto in quattro giorni, e delle Cronache di Narnia affrontate in autonomia a sette anni.
Così questa settimana, perché arrivassero agli esami con la testa sulle spalle, ho fatto qualcosa che non avrei mai immaginato:
ho proibito la lettura fino alla fine dei test.
In fin dei conti molte cose sono più belle se le aspettiamo un po’, così per rendere meno orrendo il provvedimento, ho già comperato Insurgent e Allegiance, e il divieto si è trasformato in un’attesa, spero in un incentivo.
Poi venerdì pomeriggio dopo la scuola, andremo tutti a consolarci qui: Salon du Livre Genève.