Ho letto la notizia di una ragazzina inglese che si è macchiata di sangue, perché aveva finito i buoni per andare in bagno e non aveva potuto cambiare l’assorbente.
Ho letto di sua madre imbufalita che ha risalito tutta la catena del potere cercando di capire oltre che ottenere giustizia, e sentendosi di volta in volta rispondere che per speciali necessità mediche è possibile chiedere una deroga speciale al numero stabilito di permessi per andare in bagno durante le lezioni. Il che avrebbe previsto che la bambina dodicenne si alzasse davanti a tutta la classe e facesse valere il suo diritto a un trattamento speciale for sanitary reasons.
Trattare le mestruazioni come un problema di salute e causa di vergogna mi fa accapponare la pelle e ci riporta a paesi tribali in cui le bambine smettono di frequentare la scuola al primo ciclo.
Ma la faccenda di come e quanto si possa andare in bagno a scuola, secondo me chiama in causa una questione più ampia riguardo la relazione di potere tra insegnanti e allievi e non è una bella storia, di sicuro non solo inglese.
Arrivando qui in Svizzera abbiamo scoperto che il problema non esiste. Si va in bagno quando serve. Non alla ricreazione perché quella si fa all’aperto. Se si ha sete c’è un lavandino in ogni aula e bicchieri di plastica colorata con sopra il nome. Quindi si beve e inevitabilmente si fa pipì.
E davvero non è un problema.
Come non lo è il fatto che il cortile non abbia recinzioni, la linea gialla non va superata, punto e basta. Niente recinto, all’intervallo due maestre a turno vigilano su tutte le classi. Per ora nessun ferito, niente fughe, qualche dispetto sgradevole in cortile, nessuna rissa nei bagni.
Il custode è uno, abita nella scuola, ha un assistente per le pulizie. Fanno tutto loro, anche potare la siepe, anche pulire i bagni.
Davvero non ci sono scuse. I bambini qui non sono diversi. Alta percentuale di arrivi e partenze da tutte le parti del mondo. La fatica dell’integrazione. Classi e insegnanti che cambiano ogni due anni per tutti. I problemi ci sono. Ma la pipì non è uno di quelli.
Mi chiedo perché fino all’anno scorso per noi, in Italia, dovesse essere così difficile.
Al punto che a colazione mi sentivo dire, “no, non posso bere, altrimenti poi devo andare in bagno e non posso”.
Oppure subissero dispetti umilianti in quella bolgia che diventa il bagno del piano, se un orda di preadolescenti vi si riversa contemporaneamente e tutti hanno solo gli stessi dieci minuti e otto gabinetti.
Di storie sul bagno della scuola ce ne sono per tutti e molti insegnanti non fanno bella figura.
Molti meno i casi di fuga con la scusa della pipì. Nella nostra storia scolastica uno solo, ed erano due cinquenni che si annoiavano nel giardino dell’asilo, recintato e sorvegliato.
Allora mi domando come mai la pipì in molte scuole, non solo italiane, debba essere un problema.
Fa forse parte della stessa famiglia di senso secondo cui l’ora di ginnastica può essere un premio, da negare a una classe indisciplinata?
Cercando di capire, ho trovato questo articolo di qualche anno fa sull’abuso di potere da parte degli insegnanti e le conseguenze emotive per gli allievi. Il testo ha avuto una discreta eco, e ora viene usato in alcuni percorsi di certificazione degli insegnanti negli USA.
Forse qualcosa sta cambiando.
Perché con tutti i problemi che hanno le nostre scuole, trovo bizzarro che la pipì sia uno di questi.