Mentre molti si sollazzano tra mari e monti, e altri resistono in torride città, noi sbrogliamo le nostre matasse.
Perchè si sa che tutti i nodi prima o poi vengono al pettine e talvolta basta il tempo, ma spesso e volentieri se li si lascia stare diventano dei grumoni inaffrontabili.
E ora noi ci troviamo davanti a una montagna impervia, che non dobbiamo scalare, ma proprio smantellare.
Due anni fa quando siamo partiti alla chetichella, abbiamo compiuto un’impresa che ci ha guadagnato ammirazione e invidia.
Ma come avete fatto? In un mese a trasferire casa e studio, figli e gatti? Emigrare all’estero, ricominciare tre scuole in un’altra lingua?
Ve lo dico io come abbiamo fatto.
C’è voluto un gran coraggio, un sacco di fatica, un pizzico di fortuna, ma anche un trucco.
Noi abbiamo sì svuotato la nostra casa in cima a quattro piani infiniti di scale senza ascensore. Abbiamo sì traslocato venti anni di vita, e deciso all’ultimo minuto che avremmo dovuto affittare casa per sostenere l’avventura e pagare il mutuo.
Ma in vent’anni di vita comune noi avevamo messo in piedi anche un bello studio.
Grazie a un mio intenso e prolungato sforzo diplomatico, al mio conclamato fiuto per gli immobili, e al duro lavoro di entrambi, quello studio abitava al piano terra della nostra casa.
Per tanti anni era stato la nostra salvezza, il back team quando arrivavano le cassette di verdura da GAS, si tornava con biciclette, monopattini, passeggini e palloni dal parco. L’ingresso dello studio a piano terra era diventata una dépandance della casa al quarto piano. La possibilità per me di lavorare anche coi bambini minuscoli, per mio marito di farci le notti a fare concorsi. Guardandola ora, una stagione faticosa e bellissima.
Quando siamo partiti non siamo riusciti a dirci che quella stagione era finita. Non avevamo idea di come proseguire oltralpe. Avevamo in corso un progetto che doveva arrivare al cantiere, dei fidati collaboratori con chiavi e password. Non potevamo chiudere anche quel pezzo di vita, troppo rischioso, troppo dolore.
Così il nostro bello studio si è trovato a fare da deposito ai nostri ricordi, ingombranti.
Il server è rimasto in funzione, ma accanto a plotter e stampante sono arrivate lavatrice e asciugatrice, libri delle elementari, e frigorifero, lenzuolini da lettino, e archivio dei progetti, tre tripp trapp e le dispense dell’università, ma soprattutto la nostra biblioteca che arriva almeno a quattromila volumi. ( dei pazzi! e poi mi chiedono perché sono passata all’e-reader)
E ora dopo due anni, il progetto è arrivato in cantiere, qui in Svizzera accanto a casa abbiamo una accogliente stanza per disegnare, a Ginevra una socia con un bel ufficio.
E a Milano una montagna di ricordi che comincia a pesare sulle nostre finanze.
Il mese scorso purtroppo abbiamo fatto il budget con un foglio excel e non abbiamo più potuto nasconderci dietro un dito.
Lo studio di Milano costa troppo, perchè le spese condominiali, la tassa rifiuti, il wifi e le bollette, ci sono comunque. E mentre cercavamo la spiegazione del perchè quest’anno non possiamo permetterci un gran bel viaggio, la voce studio lampeggiava di un bel rosso acceso.
Così abbiamo provato a comportarci da adulti razionali e da genitori coerenti e abbiamo detto: “Ragazzi niente viaggi finché lo studio non è vuoto e messo a reddito.” E abbiamo passato i primi tre giorni delle vacanze di famiglia a fare sacchi di vestiti per la caritas e scatole di libri per le elementari.
E ora che i ragazzi partono per gli scout, noi proseguiremo.
E a me questa cosa mi rigira le budella, ché io di traslochi in vita mia ne ho fatti quasi venti, e ogni volta mi risale tutto il malessere. E dare via i grembiuli blu delle elementari, perché nessun mio bambino andrà più in quella scuola, vuol dire tutto d’un colpo fare i conti con il fatto che crescono e che non abitiamo più lì.
Ma sono anche sicura che rimandare per due anni, lasciare la nostra vita accumulata, non ci ha fatto bene. Era contro ogni legge dell’energia e del feng shui.
E se sopravviveremo a quest’ennesima estate di trasloco poi succederanno solo cose belle.
E se tutto va bene e troveremo un sistema per renderlo sostenibile, lo studio di Milano potrà rimanere la nostra casa per quando torneremo, e magari Faccio Quello Che Posso avrà un luogo per fare una bella cena tutti insieme, o chissà cosa ne nascerà.
O almeno avremo insegnato ai nostri ragazzi che tutti i nodi vengono al pettine e che nessuno viene a raccattarti i pezzi che hai lasciato indietro.
E con questo capirete perché FQCP è un po’ latitante quest’estate.
Sta traslocando, senza spostarsi.