Intanto io meditavo se fosse il caso di parlare con le insegnanti, lo avevo già fatto nel colloquio di inizio d’anno e si erano mostrate molto preparate, comprensive e attente alle dinamiche di gruppo.
Non volevo però esagerare, temevo di attaccare a mia figlia l’etichetta della vittima, poi difficile da scollarsi di dosso.
Per fortuna il segnale più bello è venuto proprio da loro, le educatrici, senza che io le cercassi.
La professoressa di musica ha evidentemente parlato con l’insegnante principale. Quest’ultima la settimana dopo ha preso come spunto l’episodio di un compagno, che per pene d’amore non voleva rientrare a scuola dopo pranzo e ha convocato la classe per un bel discorso sulla scuola come luogo di accoglienza e collaborazione, sull’importanza del lavoro di gruppo e di parlare apertamente delle proprie difficoltà. Poi con un colpo di genio, ha chiamato fuori dalla classe le tre streghe per un discorsetto in privato.
La presa di posizione forte e chiara delle insegnanti ha rasserenato gli animi e confortato noi. Per questo ho ringraziato la maestra con un sms, a cui lei ha risposto: “non potevo tacere davanti a tanta cattiveria!” con buona pace di chi pensa che a dodici anni vadano lasciati a sbrigarsela da soli.
Per noi la storia era finita e risolta, ma il gran finale è stato epico…
La settimana prima della presentazione, la professoressa di musica ha convocato una prova generale in cui lei avrebbe visto per la prima volta il lavoro dei gruppi. Noi naturalmente eravamo preparatissime e ci siamo portate a casa il massimo dei voti con una settimana di anticipo.
Ma il vero colpo di teatro è stato quello di R., il prescelto dalle streghe è andato dall’insegnante e ha chiesto di cambiare gruppo, perché le ragazze non avevano combinato niente, passavano il tempo a discutere e lui non voleva prendere un brutto voto per colpa loro. Un gruppo di ragazzi ha subito accolto R. e trovato una parte per lui anche all’ultimo momento.
Le tre simpaticone così si sono trovate a fare i conti con la loro generosità e la settimana dopo hanno collezionato una bella insufficienza non avendo prodotto alcun lavoro. Dopodiché hanno abbassato le arie e si sono dimostrate più amichevoli, perché a dodici anni per fortuna si cambia in fretta.
Noi da questo mese abbiamo imparato tantissimo e ne siamo usciti più grandi, uniti e solidali. Abbiamo parlato tutti insieme di come sia normale essere affascinati dalle cattive amicizie, di come alla lunga l’impegno paghi, di come sia bene scegliere a chi dare le chiavi del nostro cuore, di come ci si senta ad essere gli ultimi arrivati, gli stranieri, e anche se arriviamo dal centro di Milano, non ci manca nulla, parliamo tre lingue, suoniamo il pianoforte, basta che qualcuno ci chiuda una porta e ci sentiamo rifiutati, esclusi, non amati.
E penso che questa lezione resterà ai miei bambini per sempre e ne farà delle persone migliori.
Luigi Lacquaniti
Il lieto fine di questa storia non era scontato. E questo lo rende ancora più lieto. Fra i tanti insegnamenti che traiamo, vi è il ruolo essenziale che svolgono gli insegnanti. Per quanto ci possano sembrare insignificanti, queste vicende segnano profondamente i bambini. Una reazione sbagliata a quell’età crea terremoti nell’animo fragile di bimbe e bimbi, solchi profondi. Ripenso alla scuola della mia infanzia, agli insegnanti della mia infanzia, alle bacchettate alle palme delle mani, al disinteresse alle relazioni personali dentro la classe, ché tanto ce la dobbiamo cavare da soli… In 30/40 anni è cambiato molto nella scuola e ancora molto deve cambiare. Un applauso allora a queste insegnanti accorte.
Alessandra Spada
Grazie ancora Luigi.
Come sono d’accordo, negli scorsi anni in Italia alle medie mi è capitato ancora di sentirmi dire da altri genitori che a dodici anni devono cavarsela da soli, che non dobbiamo immischiarci.
Come non è vero! A dodici anni li stiamo ancora accompagnando, insegnando l’importanza delle relazioni, lasciando loro spazio ma offrendo ancora la nostra guida. E gli insegnanti sono eccome parte in causa, come si vede la differenza quando sono preparati ad occuparsene.
Qui non sono lasciati alla loro iniziativa personale, è parte del loro dovere, glielo hanno insegnato a scuola e non pensano di meritarsi un applauso anche a se a me sgorga dal cuore.