Sono stranita.
Possibile che tra tutti i fondamentali cambiamenti che servono alle nostre scuole, lei pensi che il principale sia di dover mettere le distanze tra insegnanti e alunni? Mentre leggevo i suoi suggerimenti per il nuovo ministro dell’istruzione, credevo ad un certo punto che mi sarei imbattuta nel reinserimento de “in ginocchio sui ceci”.
Quanto alla sua affermazione sulla “cancellazione di ogni misura legislativa o regolamentare che preveda un qualunque ruolo delle famiglie nelle istituzioni scolastiche”, mi lasci dire una cosa. Dopo cinque anni di onorata carriera di rappresentante di classe e di socia dell’associazione genitori della scuola posso affermare con cognizione di causa una verità: senza i genitori volenterosi che passano la vita a fare crownfunding creativo per comprare carte igienica, rifornire le biblioteche (ha presente, quelle che lei vuole tenere aperte tutto il giorno?), sostenere le spese tecnologiche e le famiglie più deboli, la scuola pubblica proprio non ce la farebbe.
L’unica affermazione con cui mi trovo d’accordo, nel mezzo dei suoi suggerimenti (che denotano il limite di un vedere la scuola “da lontano”) è che bambini e ragazzi vanno educati alla “cosa pubblica”. Ma anche qui siamo su posizioni diverse: poiché lei ritiene che essi debbano avere rispetto della proprietà pubblica; io invece, credo che oggi il concetto sia superato a favore del bene comune (ossia proprietà collettiva ad uso civico) che implica un diverso rapporto con il bene stesso: il bene pubblico mi appartiene, la proprietà pubblica mi è concessa. Non dubito che colga la sostanziale differenza.
Ad ogni modo, gentilissimo, per buona pace di entrambi, dal discorso pronunciato dal Premier oggi, pare che la questione scuola non sarà né come auspica lei, né come auspico io. Semplicemente, non sarà.
Ps. Se in futuro volesse ancora parlare di scuola, la invito a scendere dalla sua, di cattedra, e fare un giro tra i banchi in cui siedono i nostri ragazzi. Sarebbe istruttivo. Mi creda.